Baz Luhrmann ha girato Australia con il dichiarato intento di dare al cinema australiano il suo Via col vento. Il film, che in Italia esce il 16 gennaio e che negli Usa non è piaicuto, è un melo di tre ore, girato da Dio, senza la originalità trasgressiva di Romeo + Juliet o la straripante visionarietà di Moulin Rouge è comunque un esempio di intrattenimento spettacolare, con una grande storia d'amore e il piacere e l'evidente divertimento di mettere insieme tutti gli elementi previsti dalla tradizione. A fare da cornice al tutto l'Australia, con i suoi panorami di una bellezza difficile da descrivere e tutte le contraddizioni di una terra di frontiera colonizzata dagli inglesi.
La storia comincia nel 1939, quando Hitler ha attaccato la Polonia e i giapponesi stanno per bombardare Pearl Harbour. La nobile inglese Lady Ashley – Nicole Kidman, bravissima, va in Australia per incontrare il marito, che ha messo in piedi un allevamento di bestiame. Quando arriva, in una terra che assomiglia in tutto e per tutto al Far West vestita come se dovesse prendere il te ad Ascot, scopre che il marito è stato assassinato. Dell'omicidio viene accusato King George, un aborigeno, il che permette di aprire la sub trama che accompagna tutto il film ed è legata a quel vero e proprio genocidio compiuto in Australia nei confronti di quella che viene chiamata la generazione rubata e cioé i figli misti (cioé di padre bianco e madre aborigena) che venivano rapiti dalla polizia e consegnati a missioni religiose dalle quali i ricchi bianchi li prelevavano per farne dei servi. Una vergogna continuata fino al 1973 e della quale il governo di Camberra ha chiesto scusa solo nel 2000 (come si legge nei titoli di coda).

A rappresentare la generazione rubata è Nullah, un ragazzino di 11 anni che fa anche da voce narrante, che è il nipote di King George e che vive nella fattoria degli Ashley. La signora si trova così a prendere in mano la fattoria in un momento in cui l'allevamento è un business fondamentale perché le truppe alleate al fronte hanno bisogno di carne. Naturalmente nella zona c'è un allevatore che ha il controllo totale degli affari e che è interessato a rilevare l'attività degli Ashley ma la ricca ed elegante signora non molla e decide di condurre una mandria al porto militare mettendosi in gara e in guerra con il cattivo. Ad aiutarla trova Drover – Hugh Jackman un cow boy molto più a suo agio nei saloon e a cavallo che nei rapporti con il prossimo. I due si mettono alla guida della mandria e riusciranno perfino ad attraversare un deserto da cui mai nessun essere umano è uscito vivo. In questa impresa, compiuta dopo essere scampati dagli attentati dei cattivi, sono aiutati dai poteri sovrannaturali di King George e del piccolo Nullah.
Tra Lady Ashley e Drover scoppierà un amore degno di Via col vento che supererà perfino la prova di un bombardamento giapponese, annienterà i rivali e, grazie al coraggio di Drover, salverà Nullah e i suoi piccoli compagni di sventura dalla prigionia.
Si dirà che è una classica trama da melodramma. Ma il bello del film è che Baz Luhrmann non ha paura del genere, anzi ci sguazza a piene mani, citando classici (la lista dei titoli accostati ad Australia può riempire una mezza pagina) e giocando con il western (ma la scena della mandria lanciata a folle corsa verso il baratro è mozza fiato). Insomma un film fatto per ridere, piangere, tenere il fiato sospeso e il cuore in tumulto. Senza starci troppo a pensare su.
A farci pensare c'è la storia degli aborigeni e la suggestione del loro potere sciamanico cui il regista crede senza mezze misure e il fascino di una terra che continua a mostrarsi come un universo tutto da scoprire e che Luhrmann racconta da grande narratore delle immagini.
Paolo Biamonte