Babadook (2014)

Dall’Australia uno dei più interessanti horror della stagione.
Vedova da sei anni Amelia comincia ad avere i nervi a pezzi, gestire il figlio Samuel nato proprio il giorno della morte del padre è sempre più difficile per via della fervida fantasia del bambino, convinto dell’esistenza di un mostro che lo minaccia.

Amelia è sempre più preoccupata delle condizioni del figlio, allontanato dai suoi coetanei , la donna inoltre teme di essere vittima di strani fenomeni e intrusioni domestiche, uno stato che inizia a minare il suo equilibrio mentale.

Negli ultimi tempi di crisi per il genere sono un paio i film più ricorrenti sulla bocca degli appassionati horror: Babadook è il primo (in termini cronologici distributivi) mentre It Follows è l’altro contendente di cui bisogna ancora attendere l’uscita, almeno in Italia. Babadook ha il merito di riuscire a creare un nuovo spauracchio dal nulla, un’entità malvagia capace di inquietare e, nonostante l’impalpabilità, avere un aspetto iconico nelle forme di un manichino-burattino dai tratti infantili ma sinistri come solo i disegni dei bambini possono essere. Babadook è uno dei pochi boogeyman convincenti dell’horror recente grazie alla sua natura sospesa tra reale e fantasia, un messaggero implacabile di paure e incubi per le sue vittime. Il film della debuttante Jennifer Kent propone una sensibilità femminile della paura, la discesa della protagonista Amelia nelle braccia maligne di Babadook.

Babadook trae la sua forza dall’aspetto psicologico della vicenda, i momenti migliori risiedono nel trauma della perdita e il senso di inadeguatezza dei protagonisti, in questo caso ridotti a due, madre e figlio, in un rapporto di amore e odio che vive di insicurezze e allucinazioni vere e proprie, difficile capire quello che Amelia e Samuel stanno o credono di vivere all’interno della loro casa, in pratica l’unica location del film. Babadook si può infatti ascrivere anche al genere “casa infestata” con tutto il corollario di corridoi bui, rumori sinistri provenienti dalle pareti, porte che si aprono da sole e via dicendo. La pellicola è un crescendo di tensione che ha però in serbo almeno un paio di problemi: il finale discutibile e un body count deludente, per usare un eufemismo, si dirà che non era interesse della regista portare Babadook in quella direzione, resta il fatto che le occasioni non sarebbero mancate.

Babadook

Babdook punta in alto, a opere più sottili e blasonate come “I tre volti della paura” di Bava, presente tra le tante citazioni cinefile sparse e proposte dalla tv accesa di una Amelia insonne nel salotto di casa, ma anche a Shining, a quale tende assomigliare in certe sequenze dove i protagonisti sono accecati da squilibri mentali e istinti omicidi. Peccato per altri riferimenti involontari in cui casca, come “Mamma ho perso l’aereo”, soprattutto verso il finale non del tutto convincente, seppure coerente con la forza simbolica del sotto testo principale (la condivisione e accettazione della paura/perdita) è difficile da digerire del tutto.

L’australiana Jennifer Kent si dimostra una felice sorpresa, ottima direzione e scrittura solida, soprattutto nella prima parte, ma l’attenzione è tutta per la protagonista Amelia dell’eccellente e fascinosa (nonostante il ruolo deprimente) Essie Davis (Matrix Reloaded), come si dice in questi casi, il film verte tutto su di lei, sempre credibile anche nel già citato finale che butta nel calderone, tra gli altri, schegge de L’esorcista e Carrie lo sguardo di Satana. Il bambino Samuel, il piccolo Noah Wiseman, è oggettivamente insopportabile ma a ben pensarci perfetto per la parte delicata. Resta uno dei pochi horror che vale la pena vedere degli ultimi tempi.

Titolo Originale: The Babadook
Paese: Australia
Rating: 7/10