Death Race (2008) di P. Anderson

Aggiornato il Dicembre 3, 2008 da Il Guru dei Film

Film: Death Race Il remake di "Anno 2000: La corsa della morte" è ambientato nel 2012: la crisi economica ha messo in ginocchio l’America.

il tasso di criminalità ha raggiunto indici vertiginosi e la gente comune per sfogarsi guarda in diretta da Terminal Island la "corsa della morte". Un film di Paul Anderson co-prodotto da Roger Corman.

Jensen Ames ([[Jason Statham]]) è un ex-pilota di corse che sbarca il lunario come operaio presso una fabbrica che sta per chiudere i battenti. I guai per l’uomo sono solo all’inizio: viene incriminato per un delitto che non ha commesso e rinchiuso a Terminal Island, il peggiore carcere d’America. La direttrice ([[Joan Allen]]) del penitenziario offre a Jensen la possibilità di annullare la pena a patto di partecipare alla "Death Race", una corsa all’ultimo sangue con auto super-corazzate guidate da altri criminali disposti a tutto pur di guadagnare il premio finale: la libertà.

[[Paul Anderson]] sin dai tempi della regia di "[[Mortal Kombat]]" (1995) ha sempre tenuto in seria considerazione l’arte dei videogiochi, una vera e proria influenza che lo ha spinto alla creazione di successi come "[[Resident Evil]]" (2002) e "[[Alien vs. Predator]]" (2004), anche il suo ultimo "[[Death Race]]" subisce la fascinazione di killer application per console come "Mario Kart" o "Need for the speed", solo per citare alcune delle più famose.

Alla base di "Death Race" vi è comunque il cult diretto da Paul Bartel nel 1975, un film satirico e post-moderno come solo in quegli anni poteva risultare, da sempre nelle fantasie di Anderson che ha coronato il piccolo sogno di dirigere il remake con il beneplacito del grande Roger Corman ("[[La piccola bottega degli orrori]]"), il produttore dell’opera originaria.

Dopo circa trent’anni quelle che sembravano funeste e ridicole previsioni sono oggi (quasi) realtà, non a caso "Death Race" è ambientato nell’immediato futuro, minato da una crisi economica disastrosa e da una criminalità sempre meno arginabile, un mondo in cui le carceri sono gestite da enti privati che per ricavare lauti guadagni non esitano ad organizzare una disumana corsa della morte da dare in pasto a milioni di spettatori, disposti a pagare una tv via cavo per le violente e sanguinose dirette.

A capo della spregiudicata e "legale" organizzazione compare la direttrice del carcere Hennessey, interpretata da una brava Joan Allen ("[[The Bourne Ultimatum]]"), pronta a tutto pur di fare impennare l’audience televisiva con ogni mezzo e abile persino a nascondere la morte del beniamino del pubblico, lo sfigurato Frankestein, sostituito prontamente dal nuovo arrivato Jensen che eredita dal pilota deceduto la macchina e la maschera che gli cela il volto.

Jason Sthatam (Jensen/Frankestein) è forse l’unico attore oggi in grado di sostenere certi ruoli da vero duro e dal sangue freddo (instancabile è già in arrivo "The Transporter 3"), in questa occasione appare più spento del solito  a causa della sua imperturbabile mono-espressione, adatta comunque all’ambiente carcerario che il film omaggia con una serie di luoghi più o meno comuni visti in decine di altri film (l’entrata in cella, la rissa nel refettorio, le minacce nel cortile nell’ora d’aria, il secondino violento, la convocazione nell’ufficio del direttore, ecc.). Ovviamente non mancano i brutti ceffi di ogni etnia e colore: i naziskin, i chicanos e naturalmente i neri "badmotherfuckers".

Le corse sono comunque il piatto forte della pellicola e una volta tanto Anderson rinuncia agli effetti speciali per riprendere svariati stunts con vere automobili in scenari reali, un approccio quindi opposto al similare "[[Speed Racer]]" (geniale e incompreso film dei Wachowski bros.). Nel percorso di Terminal Island risuona il clangore del metallo manca però quella sensazione di adrenalina necessaria per vivere il pericolo della "corsa della morte", forse per colpa dell’opprimente ambientazione post-industriale (i set sono stati predisposti a Montreal, Canada), oppure perché il finale che si intuisce per poi avverarsi é cosi scontato da fare storcere un po’ il naso. Non mancano comunque lo spettacolo e diverse scene violente (al sangue), divertente l’escamotage (in puro stile videogame) della ricarica delle armi di difesa e attacco che si attivano al passaggio su speciali scudi posti sul manto stradale.

Per le sequenze automobilistiche sono state utilizzate 35 autovetture, fra cui i modelli Dodge, Bmw, Porsche, Mustang, Jaguar, Buick, ovviamente tutte "customizzate" a dovere con lastre di metallo, armi fantasiose (mitragliatrici, chiodi anti-pneumatici, fumogeni, ecc.) e vetri speciali.
"Death Race" è un grosso b-movie con tanta azione e violenza e non potevano quindi mancare anche delle belle donne, rappresentate dalla splendida Natalie Martinez, attrice di origini cubane che ricopre il ruolo di sexy-navigatore al servizio di Jensen/Frankestein.

Paul Anderson non rinuncia a citare la serie di "[[Mad Max]]" (le auto-post-apocalittiche più famose della storia) e il [[John Carpenter]] di "Fuga da New York" (il finale sul ponte) eppure non tutto funziona a dovere e forse era il caso, dato anche il discreto budget a disposizione (45 milioni di dollari), concepire una sceneggiatura e diversi personaggi meno banalmente. Un film comunque da vedere.


Tit.originale: "Death Race"
Paese: USA
Rating: 6/10