Il Petroliere – La follia dell’oro nero

Aggiornato il Febbraio 15, 2008 da Il Guru dei Film

petroliere

Daniel Day-Lewis è lo strepitoso protagonista di questo film di Paul Thomas Anderson, il regista di Magnolia, che racconta la corsa verso la ricchezza e la pazzia di un sociopatico e misogino.

Il petroliere è un film epico ed estremo. È la storia di un sociopatico che ricorda il Citizen Kane di Orson Welles ma che si muove nell’America a cavallo tra l’800 e il ‘900 in un periodo in cui le grandi fortune si accumulavano sul sangue, il coraggio, il cinismo, il talento e la violenza. Paul Thomas Anderson, che è stato assistente di Altman ed è il regista di Magnolia, si è ispirato alla prima parte di Oil! (Petrolio) il romanzo scritto nel 1927 da Upton Sinclair sulla figura del magnate Edward L. Doheny. Il petroliere è un film spettacolare ma non commerciale, duro, spietato, con un cast tutto al maschile dove su tutti spicca la strepitosa interpretazione di Daniel Day-Lewis nei panni di Daniel Plainview, un cercatore di oro e argento che alla fine dell’800 compra per pochi soldi un terreno dove c’è il petrolio. Fin dall’inizio Anderson stabilisce un legame profondamente metaforico tra gli uomini e la terra, vista come un elemento da sfidare, che nasconde la ricchezza nelle sue viscere. E per ottenere quella ricchezza ci vuole coraggio. Daniel Plainview vede i soldi come un mezzo per non avere rapporti con il prossimo: ripudia il figlio che diventa sordo per un incidente sul lavoro e sfida le grandi compagnie petrolifere che si macchiano di crimini. Non è un caso che il titolo originale sia There will be Blood (Ci sarà sangue). Il petroliere non è solo la storia di un uomo che sfrutta la terra per diventare ricco fino a essere travolto dalla brama del possesso e diventare pazzo. Parallela scorre la vicenda del figlio del proprietario del primo terreno comprato da Plainview, che diventa un predicatore e utilizza il suo talento oratorio per estrarre denaro dai fedeli creduloni. Destinati a lasciare un segno i primi 15 minuti del film, praticamente senza dialogo, sequenze fatte di corpi e petrolio, dove l’essere umano non è altro che un elemento fisico come l’oro nero che rende ricchi i potenti e stritola la vita e le membra degli operai. Il finale lascia lo spettatore a bocca aperta. Non c’è dubbio che alla riuscita del film e alla costruzione di un’atmosfera febbrile contribuisca in modo determinante la musica elettro-sinfonica di Johnny Greenwood, chitarrista dei Radiohead.
Paolo Biamonte