Texas, il giovane Chris è un balordo che campa con piccoli traffici di droga, i soldi scarseggiano e come se non bastasse la madre che non sopporta gli ha fatto perdere un affare vantaggioso intorno a una partita di “roba”.
Chris interpella il padre, accasato con una nuova compagna, per mettere in atto un piano semplice quanto rischioso: uccidere la madre per intascare l’assicurazione. Padre e figlio si convincono dell’azione, per metterla in atto si rivolgono a un “professionista”: lo spietato Joe Cooper, un poliziotto che su commissione svolge lavori sporchi.
Ogni volta che esce un film di William Friedkin, 77 anni, non si può fare a meno di nominare alcuni dei suoi capolavori, è doveroso e obbligatorio, il regista de “L’Esorcista” e “Vivere e Morire a Los Angeles”, ha ancora vitalità da vendere e storie dure da raccontare, situate sempre nella sua amata e odiata America. “Killer Joe” sembra perfezionare il tiro del precedente e pur pregevole film del regista, quel “Bug” (2006) attraversato da una vena allucinatoria spiazzante, a cui tende somigliare per la sceneggiatura del drammaturgo Tracy Letts (Premio Pulitzer) che ritroviamo anche in questa nuova pellicola, al quale si deve la struttura teatrale, ancora più intensa e soffocante. Siamo in Texas, un posto all’apparenza tranquillo che da sempre scatena in scrittori e cineasti pulsioni oscure e violente.
In un capitolo della serie “Non Aprite Quella Porta” compare su una macchina un adesivo che recita più o meno “non mischiatevi con il Texas”, “Killer Joe” non è un horror e non assomiglia al mitico film di Hooper del 1974, certo è che alcune analogie fanno pensare, del resto al centro ci sono dei nuclei famigliari impazziti, di emarginati, in un concitato dialogo Joe Cooper minaccia la sua vittima di strapparle la pelle di faccia per indossarla (Leatherface !), e come Joe Cooper uno dei personaggi malvagi della saga horror è un insospettabile poliziotto: delle belle coincidenze se pensiamo che sono ambientate in Texas. “Killer Joe” è un ritratto dell’America bianca perdente, quella dei sobborghi sperduti e delle baracche-roulotte trasformate in case per disadattati e spiantati.
Uno di questi reietti della società porta il nome del giovane Chris Smith, il classico balordo che entra in giochi più grossi di lui, lo interpreta Emile Hirsch (Into The Wild), ottimo come tutto il cast, bisogna dire che “Killer Joe” è innanzitutto una grande prova di attori. Chris ha pochi ideali e tutti sbagliati, nel corso della vicenda si apprezza la piega tragi-comica delle sue azioni, Friedkin riesce a mantenere una gradazione brillante di violenza e ironia, in tempi recenti viene più comunemente definita con il termine “pulp”, infonde grande tensione nei dialoghi e si spinge in ardite sequenze di sesso e perversione sino a entrare con forza nel genere che ha reso celebre Tarantino e pochi altri ancora.
Pellicola piena di nudi integrali (full frontal) femminili: Gina Gershon non ha problemi a mettersi in mostra nonostante la bellezza di un tempo sia ora (anche) sostituita da vistosi ritocchi di chirurgia estetica, l’attrice in un ruolo duro e realistico. Tocca anche a Juno Temple, la sorella di Chris, ritrovarsi nuda in una delle scene più belle del film, la biondina a dir poco indifesa e straniante diviene suo malgrado merce di scambio (la “caparra”) nel momento in cui la situazione precipita. L’interpretazione che ha convinto tutti è però quella di Matthew McConaughey, che sembra riprendere quella dello sceriffo ambiguo nell’ormai lontano “Frailty”, qui ancora più disturbato e inquietante e dal look nero da cowboy dell’inferno. Gran finale al sangue. Dopo “Killer Joe” guarderete le cosce di pollo con occhi diversi.
Tit.originale: “Killer Joe”
paese: U.S.A.
Rating: 8/10