Martin Freeman: ‘Il mio personaggio in Captain America: Civil War sarà ambiguo’

Aggiornato il Luglio 22, 2015 da Il Guru dei Film

Senza togliere nulla agli altri ospiti della kermesse del Giffoni, non possiamo negare che il 19 luglio al Giffoni è il giorno di Martin Freeman.

L’attore britannico sta indubbiamente vivendo un periodo di gloria, grazie a ruoli cinematografici e televisivi che ne hanno consacrato l’indiscutibile talento e l’innegabile versatilità. Da Fargo a Sherlock, passando per la trilogia de Lo Hobbit, Martin è riuscito a collezionare premi e nomination e il futuro per l’attore si preannuncia ancora più roseo.
In conferenza stampa, davanti ai giornalisti accorsi al Giffoni, Martin Freeman dimostra tuttavia – da inglese quale è – che la sua miglior qualità è indubbiamente l’ironia e, non a caso, saluta tutti sostenendo di parlare perfettamente italiano (cosa che ovviamente si rivela inesatta).

Martin Freeman al Giffoni

“La mia prima impressione su questo Festival – esordisce Martin – e devo dire che è ancora l’unica, visto che sono stato qui poco tempo, è che sia un giorno bellissimo, energico e molto caldo in una delle parti del mondo che preferisco. Adoro sempre venire in questa parte dell’Italia ed è bello anche incontrare questi ragazzi così interessati al cinema. Se devo essere onesto, poi, il cibo è ottimo”.

“Appoggio assolutamente il motto ‘carpe diem’ – commenta riguardo al tema del Giffoni di quest’anno – ma non vivo sempre seguendolo, perché non sono perfetto. In alcuni momenti avrei dovuto seguirlo e non l’ho fatto. Non penso di essere la persona adatta a dare consigli, ma visto che mi viene chiesto così gentilmente dico, soprattutto riguardo al mio lavoro, che bisogna fare ciò che si ama e non bisogna mai fare le cose perché ti dicono di farle”.

Ben presto si inizia a parlare dei progetti attuali e futuri dell’attore (del resto l’occasione per i giornalisti è ghiotta), a partire dalla commedia Fun House con Tina Fey, di cui si sa ancora pochissimo: “Il titolo è cambiato tantissime volte, prima si chiamava The Taliban Shuffle ma questo titolo è stato poi scartato per ovvi motivi. Penso che sia una commedia, ma non ne sono sicuro perché ancora non ho visto il film. Ci sono scene divertenti e scene molto più dark e posso dire che non è un film sulla guerra in Afghanistan, ma sulla vita di giornalisti e reporter europei, americani, australiani – expat insomma – che finiscono per perdere la testa”.

Quando gli viene chiesto se sente la mancanza di un ruolo in particolare nella sua carriera, considerando la sua versatilità, Martin risponde un categorico e ironico “No”, a cui subito aggiunge: “Ovviamente c’è sempre qualcosa che ho voglia di fare, altre sfide che voglio affrontare. Devo ammettere che nel mio lavoro la cosa più bella per me è quando mi arriva una sceneggiatura inaspettata, in cui ti propongono di recitare una parte che non hai mai fatto prima. Sono un malato di sceneggiature”.

Su Captain America: Civil War, Martin confessa poi di avere un ruolo minore, che potrebbe però rivelarsi ‘duraturo’: “Ho girato già per qualche giorno e devo girare per un altro paio di giorni, per cui la parte è relativamente minore. Comunque, pensando alla struttura e alla trama principale del film, quello che mi piace del mio personaggio è la sua ambiguità, non si capisce se è buono o cattivo. Fondamentalmente lavora per il Governo e il suo lavoro è controllare i superpoteri degli eroi. È un ruolo che dovrebbe continuare, a meno che non mi licenzino”.

Freeman smentisce il rumor su un suo presunto coinvolgimento in un prossimo film di Steven Spielberg ispirato al romanzo Il GGG di Roald Dahl, anche se l’attore ammette che lavorare con il regista sarebbe per lui un vero e proprio sogno.

Interrogato sul ruolo di Lester Nygaard in Fargo invece ammette: “La sfida più grande nel perfezionare il personaggio di Lester è stato acquisire l’accento del Minnesota. Se devo imparare un accento, lavoro veramente moltissimo per acquisirlo. Se interpreti un personaggio per 4-5 mesi devi sentirti come se fossi quel personaggio. Devi sempre cercare di migliorarti ovviamente, ma ad un certo punto ti senti come se fossi entrato effettivamente nei panni di quel personaggio. E dopo un paio di settimane devo confessare che sentivo di conoscere Lester e pensavo che tutto gli fosse concesso, perché io ero lui e lui era me, anche se non ho mai ucciso mia moglie a martellate”.

Inevitabile infine un commento su John Watson e sulla serie Sherlock: “Non ero spaventato al pensiero di interpretare Watson. Mi piaceva semplicemente la sceneggiatura. L’ho amata da subito e ho pensato che Steven Moffat e Mark Gatiss avessero fatto in modo che John fosse una co-star per Sherlock e non qualcuno che vivesse nella sua ombra. Ovviamente, lo show si chiama Sherlock e lui è il personaggio principale, ma John è una co-star. Io penso che si debba gran parte della bellezza e della complessità dello show a Steven e Mark e, senza togliere nulla a Arthur Conan Doyle, Steven e Mark hanno reso la storia ancora più interessante”.

by funweek.it/cinema