Terzo lungometraggio per Roan Johnson che con Piuma, presentato alla Mostra di Venezia, affronta il tema importante dell’arrivo, inatteso, di un figlio.
Ferro e Cate sono due diciottenni alle prese con l’esame di maturità e con il viaggio estivo che hanno da sempre sognato, ma c’è qualcosa di ben più importante che li aspetta: la nascita di un figlio che inevitabilmente sconvolgerà le loro giovani vite.
Questo il plot di Piuma, terzo film di Roar Johnson che il regista ha iniziato a scrivere nel 2014, all’età di quarant’anni, insieme alla sua compagna Ottavia Madeddu in collaborazione con altri due sceneggiatori, Carlotta Massimi e Davide Lantieri.
Ed è stata proprio grazie a questa esperienza creativa che Johnson ha superato la sua paura di fare un figlio, diventando padre di Jacopo appena due anni fa: “Ho iniziato a scrivere questa storia con Ottavia, Davide e Carlotta perché condividevamo con la maggior parte della nostra generazione una grande paura: fare un figlio. La cosa più naturale del mondo è diventata paradossalmente una complicazione impossibile. In questo tempo e in questo paese diventare genitori sembra essere non tanto l’inizio di una nuova vita, quanto la fine di una vecchia”.
L’aspetto strettamente autobiografico però è stato superato a favore di una storia più “estrema” che rende più forte e coinvolgente l’impatto emozionale del film, come spiega ancora lo stesso regista: “La chiave per raccontare questo nostro conflitto personale e allo stesso tempo farlo diventare un film è stata trovare una storia come quella di Ferro e Cate. Perché se è un problema diventare genitore a trentacinque anni, figuriamoci a diciotto con il mondo fuori che ti ripete che stai facendo la più grande cazzata della tua vita!”
Certamente Roan Johnson conosce bene le dinamiche di certa commedia italiana e il prodotto che presenta ha tutti gli ingredienti per ottenere consenso da parte del pubblico giovanile con uno stile leggero e dialoghi brillanti.
Intanto, in attesa del verdetto della sala, Piuma è stato accolto con favore dalla critica del Festival di Venezia grazie alla spontaneità e bravura dei giovani interpreti, Luigi Fedele (Ferro) e Blu Yoshimi (Cate) su tutti, ben coadiuvati da un cast di attori esperti.
Paolo Piccioli