Nonostante il suo potere evocativo, Revolutionary Road non è altro che una strada di un sobborgo middle class di New York. E la vita di chi ci abita, almeno a metà degli Anni ’50, è tutt’altro che rivoluzionaria.
Per il suo nuovo film, Sam Mendes ha scelto di adattare per il grande schermo il romanzo di Richard Yates che racconta il naufragio di sogni e aspirazioni di Frank e April Wheeler, marito e moglie belli, colti, raffinati e per questo molto ammirati dai vicini che sono molto più normali di loro. Sicuramente non è normale la coppia di interpreti principali che sono Leonardo DiCaprio e Kate Winslet (che oggi è la signora Mendes), di nuovo insieme dopo i trionfi del Titanic.
Il mondo espressivo di Mendes è quanto di più lontano dal drammone super spettacolare di Cameron come saprà chi ha visto American Beauty, implacabile, quanto piena di stile, distruzione del mito dell’american way of life. I suoi sono i toni dolenti e apparentemente distaccati del minimalismo narrativo alla Carver, dove sotto l’apparente normalità della superficie covano tensioni e drammi che sono sempre sul punto di esplodere ma che, proprio perché trattenuti o controllati, finiscono per condurre i personaggi verso il baratro esistenziale.

Frank e April mettono in scena il matrimonio perfetto ma in realtà devono fare i conti con la fine del loro amore. E mentre Frank continua a sognare inutilmente un lavoro più socialmente elevato del suo, April cerca di sfuggire alla desolante realtà della sua vita domestica. Accanto a loro c’è un’agente immobiliare pettegola e invadente, e una sorta di scemo del villaggio che è l’unico che gli dice la verità e che sarà la causa scatenante del disastro finale scatenato dall’incapacità di tornare ad amarsi e dalla paura del vero cambiamento. Il film di Mendes è molto fedele al libro di Yates che negli Anni ’60 ha avuto un grande successo e una grande influenza sui narratori delle generazioni successive per il modo implacabile con cui descrive la provincia americana.
Paolo Biamonte