Seven Swords (2005) di Tsui Hark

Aggiornato il Dicembre 27, 2007 da Il Guru dei Film

seven_swords.jpgTit. originale: Chat gim
Paese: Hong Kong/Corea del Sud/Cina

Tsui Hark rappresenta da solo una buona fetta (tra regie e produzioni) del cinema di Hong Kong degli ultimi 25 anni: nel 1995 pose una pietra miliare sul genere Wuxiapian con l’incredibile e definitivo “The Blade” ora grazie anche all’interesse (tardivo) del pubblico occidentale, il regista (forse) più talentuoso dell’ex colonia inglese torna con un film ricco di arti marziali e spadaccini eroici.

Cina, 1600. La dinastia Ching sale al potere e, tramite un editto imperiale, vieta l’uso delle arti marziali per prevenire tumulti e rivolte. Un’orda di militari-guerrieri, capeggiata dal violento Vento di fuoco, mette in pratica il bando imperiale con metodi brutali, compiendo razzie e distruzioni. Un unico villaggio si ribella all’ingiustizia, aiutato da un gruppo di sette valorosi spadaccini.

L’incipt del film è straordinario: un villaggio assediato, guerrieri in armatura nera, sangue, polvere, tecniche micidiali di combattimento; una carrellata-omaggio illustra le armi letali dei classici “Shaw Bros” degli anni ’70 in cui primeggiavano scudi con lame retrattili, ghigliottine volanti, spade rotanti, ecc.

Basterebbero solo i primi cinque minuti di “[[Seven Swords]]”, per capire che siamo di fronte a un grande film di arti marziali. La scelta di avere tra i protagonisti [[Liu Chia Liang]] non è casuale, egli è stato il più grande martial art director nel periodo d’oro del genere (gli anni ’70), il suo è uno stile classico poco incline all’artifizio del wire-work e questo è ben visibile nelle coreografie del film che cura insieme a [[Stephen Tung Wei]] e [[Xiong Xinxin]], in cui sono il realismo e l’abilità acrobatica a farla da padrone. Forse è anche per questo che coloro che hanno apprezzato i roboanti e patinati “[[La tigre e il dragone]]” e “[[Hero]]” si trovano spiazzati.

“Seven Swords” sin dal titolo attinge a piene mani da “[[I sette samurai]]” di [[Akira Kurosawa]], ma si spinge anche verso inusuali atmosfere dark-fantasy alla “[[Conan il barbaro]]”, che si traducono nel look aggressivo e inquietante dell’esercito di Vento di Fuoco, e frangenti che rimandano ai western occidentali, composti dai grandi spazi e corse selvagge a cavallo.

Il film è attraversato da molteplici pulsioni e simbolismi: si passa dal difficile rapporto tra i protagonisti, in particolare i personaggi di Donnie Yen ([[Chu Zao Nan]]) e la ragazza-schiava coreana (Perla verde in italiano), entrambi segnati da un passato violento e un’origine comune, all’arte delle spade e alla loro “spiritualità”, che si completa con il valore interiore di chi le brandisce.

Quello che forse non riesce del tutto a [[Tsui Hark]] è il delineare pienamente il carattere dei personaggi protagonisti, alcuni sono solo abbozzati, persi nelle pieghe delle continue vicende che si intersecano, tanto che i migliori risultano, forse, i villains che hanno il ghigno demoniaco di Vento di Fuoco ([[Honglei Sun]])e il temibile sguardo ammaliante di Kualo ([[Jiajia Chan]]).

Prima di un finale anche troppo ordinario, aperto a un sequel (in realtà Tsui Hark ha creato una serie-tv ispirata al film), c’è spazio per una resa dei conti spettacolare e mozzafiato con un combattimento, stretto tra un corridoio delle mura del palazzo, che richiama il famoso scontro tra [[Donnie Yen]] e [[Jet Li]] in “[[Once upon a time in china II]]” dello stesso Tsui Hark.

Rating: 8/10