2012 – I Maya predicono, Emerich esegue

Aggiornato il Novembre 12, 2009 da Il Guru dei Film

Film: 2012

Il regista di Independence Day colpisce ancora e stavolta racconta la fine della Terra che comincia nel giorno esatto della profezia. Strepitosi effetti speciali per distruzioni che non risparmiano la Cappella Sistina e San Pietro.

 

 In un mondo che vive di simboli concepiti per una comprensione sempre più immediata, Roland Emmerich è diventato il pronipote di quei profeti di sventura che, nel Medio Evo, giravano per le strade annunciando l’imminente fine del mondo. A quei tempi per colpire la fantasia popolare si usavano il cilicio (che grazie alla teo dem Binetti non è passato di moda) e l’autoflagellazione, oggi la computer grafica e Hollywood. Premesso che dopo due film come Independence Day e The day after tomorrow sul nostro pianeta da distruggere sarebbe rimasto ben poco, Emmerich torna a tuonare dal suo tecnologico pulpito annunciando che, a causa dell’ottusa ingordigia dei potenti e dei catastrofici mutamenti climatici provocati dall’inquinamento, così come avevano previsto con esattezza i Maya, il 21 dicembre 2012 la Terra finirà non senza aver prodotto la più spettacolare sequenza di catastrofi (terremoti e tsunami sono roba da ridere) mai immaginata.

La prima lezione che si apprende da 2012 è che per quell’anno non è prudente prenotare le vacanze di Natale, soprattutto con la famiglia. Chi ama il rischio, magari, viste le previsioni, può strappare prezzi stracciatissimi. Hai visto mai che i Maya si sbagliavano. L’altra è: come impiegheremo i nostri ultimi anni di vita, sapendo che il 22 dicembre 2012 non ci sarà più la Terra? La nostra vita diventerà un baccanale lungo 36 mesi, oppure andremo avanti come se niente fosse? Intanto che ci pensate, parliamo del film.

Film: 2012

Come avrete capito, o magari già appreso da trailer e anticipazioni, 2012 ci racconta che i Maya avevano ragione e che il 21 dicembre la Terra comincia a distruggersi. Lo schema del film catastrofico è ben noto: per cucire tra loro le varie sequenze di distruzione a base di mirabolanti quanto adrenalinici effetti speciali (però: madonna che ansia!) si costruisce una trama con caratteri ben definiti: il presidente degli Stati Uniti non manca mai e, toh, qui è un black, Danny Glover. Poi c’è l’eroe per caso, possibilmente con una vita privata sfigata. Ed ecco lo scrittore fallito John Cusak, appena lasciato dalla moglie perché dedicava più tempo al suo computer che a lei, con inevitabile deliziosa figlia bambina al seguito. Lo scienziato perbene e assennato che, inascoltato, fornisce la base scientifica a quei bontemponi dei Maya. Ed ecco Chiwetel Ejiofor che cerca di contrastare i politici che vogliono salvare solo ricchi e potenti.

Ci sono poi sub trame che hanno due funzioni: innanzitutto far vedere che la fine del mondo non riguarda solo gli Stati Uniti e poi distogliere l’attenzione dal fatto che, comunque vada a finire la storia, in mezzo a tutto a quel casino, ci rimette la pelle qualche miliardo di persone. Ecco così le storie di una famiglia indiana e di una cinese destinate a incontrarsi per quel gioco di meravigliose circostanze fortunate che solo il cinema può creare e persino quella di un cane: già perché anche mentre c’è la fine delk mondo, non ci si dimentica dei nostri amici non umani. Giusto. Ma è anche un meccanismo classico della narrazione popolare: una vicenda minima di affetti rassicura e attira l’attenzione sottraendola alle catastrofi.

Ovviamente la parte del leone la fanno gli effetti speciali: qui si vede prima la Cappella Sistina che viene giù, precedendo la cupola di San Pietro che si abbatte sulla folla, ovviamente grattacieli che si sbriciolano, onde immense che scaraventano una portaerei su una città, vulcani che espolodono. Ovviamente il livello tecnologico è strepitoso e nel genere catastrofico raramente si è fatto di meglio dal punto di vista delle distruzioni. Gli appassionati del genere usciranno dal cinema come il gourmet appena uscito da un tre stelle Michelin. Ai non appassionati prima o poi, pensando a Roland Emmerich verrà in mente la gag dello iettatore talmente potente che quando attraversa la strada i gatti neri si toccano. Senza offesa per i Maya, per carità.

Paolo Biamonte