Aggiornato il Febbraio 20, 2017 da Il Guru dei Film
Resident Evil: The Final Chapter è il sesto capitolo della saga Resident Evil …
Tit. Originale: Resident Evil: The Final Chapter
Paese: Germania/Francia/Canada/USA/Australia
Rating: 8/10
Alice riemerge sola dalle macerie della Casa Bianca, l’avamposto caduto dopo l’attacco di un’orda di non morti e creature mostruose. Poco dopo viene contattata dalla Regina Rossa, l’intelligenza artificiale della Umbrella la informa di essere stata manipolata da Wesker, l’infido assassino che Alice credeva un alleato insieme al leader Dr.Isaacs ha sempre tramato sin dall’inizio per avere il controllo del T-Virus, il potente batterio che ha causato la distruzione della Terra. Esiste ancora una piccola speranza per salvare gli ultimi sopravvissuti: Alice deve raggiungere Raccoon City e introdursi nell’Alveare, il centro di comando originale della Umbrella e trovare una fiala dell’anti-virus in grado di debellare la piaga.
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I quindici anni di successo della saga Resident Evil, tanto è il lasso di tempo dal primo (2002), culminano con il sesto capitolo che porta il sottotitolo di Resident Evil: The Final Chapter. Le intenzioni sono quelle di tirare le fila di una serie che non ha mai fatto della coerenza (logica) narrativa la sua maggiore prerogativa, un equivoco che unito alla scarsa aderenza con la fonte originale, il noto videogame omonimo Capcom, ha scatenato sin dall’inizio una valanga di critiche a senso unico, spesso generiche. La serie ha però retto l’urto e creato un (piccolo) universo cinematografico riconoscibile e avvincente, grazie ad alcuni fattori imprescindibili a partire dalla sua indimenticabile protagonista: Milla Jovovich, l’inossidabile Alice. Divenuta ormai l’action eroina femminile per antonomasia, Milla ha saldato intorno al suo personaggio un intero mondo post-apocalittico minacciato da virus e non-morti con una grinta e devozione fuori dal comune, una commistione di fascino, carisma e presenza fisica che solo la recente Furiosa di Charlize Theron in Mad Max Fury Road (2015) è riuscita ad avvicinare.
E proprio dall’ultimo capolavoro di George Miller il regista Paul W.S. Anderson non ha alcuna remora nell’ispirarsi per diverse situazioni, l’ideatore/produttore nonché sceneggiatore dell’intera serie ha sempre tenuto in considerazione il mondo di Mad Max sin dal terzo capitolo “Resident Evil Extinction” (2007), anticipando il revival post-apocalittico di Hollywood e aprendo la strada al ritorno dello stesso Miller. La saga Resident Evil è sempre stata un passo avanti, i detrattori non lo ammetteranno mai (ovvio), ma è bene ricordare che da sola ha riesumato nel 2002 il filone zombi (ai tempi morto e sepolto, per rimanere in tema) che ancora oggi non sembra esaurirsi, con uno stile ibridato dalla citazione cinematografica nel connubio tra fantascienza, horror, azione e ovviamente, il linguaggio dei videogame. Un aggiornamento costante che ha accantonato un regista del calibro di Romero, brutto da dirsi per il Maestro che sembrava essere destinato a dirigere il primo film della serie, verso un cinema più dinamico, aperto e contaminato. In fondo la saga post-zombie di Anderson ha sempre avuto la capacità di arricchirsi ad ogni capitolo, dal punto estetico e visivo, si pensi alla totale adesione delle tecniche 3D (osteggiata dalla frangia internettara, e non solo, più ortodossa) che dal quarto Resident Evil Afterlife hanno determinato un vero cambio di ripresa e impostazione della messa in scena.
Resident Evil: The Final Chapter è l’ennesimo cambio di registro o rimescolamento di carte, per la grande intuizione di Anderson che non ha mai voluto un capitolo uguale al precedente al fine di ottenere un’opera fresca e inedita. Per ogni capitolo ci sarebbe da aprire una disquisizione sull’apparato scenografico e la cura del sonoro, ma per questa ultima (?) avventura colpisce (anche) la compattezza della sceneggiatura. A dispetto di personaggi scomparsi dai capitoli precedenti senza troppe spiegazioni (Jill Valentine su tutti), uno dei tasti dolenti (inevitabili?) per i fan, retroscena rocamboleschi che sembrano stridere con gli avvenimenti del passato, la vicenda appare lineare nella sua semplicità, diciamolo pure solida e, verso il finale, si riescono a toccare le corde della commozione nell’apprendere i risvolti legati alla leggendaria Alice. Molti nodi lasciati in sospeso vengono risolti, la figura del cattivo Dr. Isaacs giganteggia nell’interpretazione maligna e dai riferimenti addirittura biblici (!) di Iain Glen che torna potente, dai capitoli Resident Evil: Apocalypse e Resident Evil: Extinction, a risaltare i malvagi disegni della incombente e misteriosa corporation Umbrella.
Si è detto che la saga è un affare di famiglia, per i pochi che non sanno Milla e Paul Anderson sono coniugi, e per l’occasione si segnala il debutto della figlia della coppia Ever Gabo nella parte della (nuova) Regina Rossa, bravissima si vede già una piccola Milla all’orizzonte, ma l’attenzione è riservata più che altro a un’altra rossa, la Claire Redfield della stupenda Ali Larter, peccato che il minutaggio a lei concesso appaia piuttosto esiguo ma abbastanza da apprezzare il suo ritorno alla saga, non la si vedeva dai tempi di Afterlife. Paul W.S. Anderson ha a disposizione un budget contenuto di soli 40 milioni di $ e i desolati set del Sudafrica, il regista riesce a cavare il sangue dalle rape e per Resident Evil: The Final Chapter crea uno spettacolo degno di un ricco blockbuster, un film duro per la violenza e l’ambientazione, più realistico rispetto ai due capitoli precedenti (Afterlife, Retribution), con grandi sequenze d’azione con moto e mezzi blindati, al punto da pagare un prezzo altissimo: un membro della crew, Ricardo Cornelio, rimane schiacciato e ucciso da un mezzo scivolato da una piattaforma, la richiestissima stuntwoman Olivia Jackson, la stunt-double di Milla (e anche della Theron in Mad Max Fury Road), perde un braccio a seguito di una tragica caduta da una moto. I fan della saga che hanno seguito la lavorazione del film non dimenticano il loro sacrificio, e non è una frase di circostanza.
Resident Evil: The Final Chapter riporta la saga nei luoghi dove è iniziata, a Raccoon City, nell’Alveare visto nel primo film. Ci sono dei rimandi graditi che hanno il pezzo forte nella riesumazione del corridoio-laser, la trappola mortale ora appare come un vero sepolcro hi-tech a riflettere l’atmosfera cupa del film, popolato da creature mostruose (il drago-zombi del prologo) e nugoli di non-morti. Anderson si (auto)cita, oltre alle più riconoscibili strizzate d’occhio, come l’entrata in azione di Alice con una carrucola zip-line simile in Afterlife, rivisita il suo capolavoro “Punto di non ritorno/Event Horizon” nella scena degli stretti cunicoli dell’Alveare. Si tratta del capitolo più lungo dell’intera saga con i suoi 106 minuti ma non sembra, scorre con una velocità impressionante, compresso, senza pause, merito anche di una tecnica di montaggio rischiosa, frenetica per il taglio estremo delle inquadrature, sezionate al punto da rendere molto sequenze non sempre comprensibili, subliminali per velocità e stacchi. Ma questa è la natura selvaggia del film, istintiva e feroce come la magnifica Alice: Milla sempre più bella e incredibile, sempre più combattiva e impegnata in furiosi scontri corpo a corpo, in lotta nonostante tutto per sconfiggere il baratro dell’estinzione. Una missione contro il tempo, scandito con un orologio al polso come Jena/Snake in Fuga da New York, Alice dovrà vedersela con un Wesker “declassato” a luogotenente, una vecchia sulla carrozzina che riserba una sorpresa clamorosa, e uno scienziato pazzo memorabile che porta il nome del Dr. Isaacs. Scordatevi la fotografia estetizzante di Afterlife e Retribution, ora tutto è più oscuro e imbrattato di sangue rappreso, la musica cambia in senso letterale con il nuovo compositore Paul Haslinger che riesce a non far rimpiangere i fantastici Tomandandy dei capitoli precedenti.
Si può dire senza svelare troppo che il finale rimane aperto, c’erano dei dubbi?
Resident Evil: The Final Chapter è il trionfo di Alice, anzi il trionfo di Milla.
Sciamano