Aggiornato il Dicembre 22, 2014 da Il Guru dei Film
Un revenge-movie cinico e divertente di origine scandinava.
Norvegia, La vita di Nils scorre tranquilla in un paesello di provincia, la mansione di spazzare la neve tutti i giorni con il suo grosso camion gli è valsa anche la nomina di cittadino dell’anno. …
Un tragico evento arriva improvviso a troncare l’equilibrio: il giovane figlio di Nils viene trovato cadavere su una panchina per overdose. In poco tempo Nils capisce che il figlio è stato ucciso per un losco regolamento di conti, l’uomo decide di addentrarsi nel mondo del narcotraffico della zona e iniziare una spietata giustizia privata.
Se “In Ordine di Sparizione” fosse uscito 10 anni prima sarebbe considerato un (piccolo) classico, poco male visto che il tempo serve anche per centrare meglio atmosfere sfruttate in passato e magari elaborarle in qualcosa di fresco e attuale. Il film diretto dal norvegese Hans Petter Moland (Un bellissimo paese) ci riesce senza fare gridare al miracolo per mezzo di alcuni ingredienti semplici ma ben predisposti, a partire dalla fredda ambientazione della Norvegia, composta da paesini stretti nella morsa del gelo e strade completamente ricoperte di neve e ghiaccio, buona parte del film (circa la metà) è girata in esterni che si perdono nel bianco degli elementi naturali. La pellicola si poggia sulla figura di Nils interpretato da un Stellan Skarsgard in grande spolvero, l’attore feticcio di Lars Von Trier e noto caratterista in blockbuster americani (i cinecomix della serie Thor), trasmette il dolore imploso di un padre che decide di trasformarsi in un giustiziere, con un fare quasi distaccato ma implacabile e metodico. Da rimarcare la scena topica per il genere (cinema della vendetta) del taglio della canna del fucile per aumentare il fuoco negli scontri ravvicinati.
Si percepisce sin da subito una disperazione di fondo, Nils e la moglie in silenzio tra le mura domestiche a rimuginare sugli errori (presunti) commessi, ma “In ordine di Sparizione” ha in serbo l’arma dell’ironia che sfocia senza esagerare troppo nel grottesco delle situazioni. La pellicola, che ha forse l’unico torto di avere un andamento meccanico e prevedibile, diviene una ballata macabra di morti ammazzati predisposti da Nils che si caccia in guai e avversari sempre più grossi. La regia di Moland riesce a saldare bene il dramma con il divertimento dei dialoghi e dei personaggi, il realismo si mantiene costante nonostante il body count inizi a salire in modo incontrollabile, mentre la polizia è intenta ad apporre le multe alle macchine in sosta in una delle tante divertenti sequenze del film. Uno degli aspetti (con)vincenti è lo spazio concesso ai criminali che Nils deve affrontare, si aprono retroscena famigliari di gangster e tirapiedi molto spassosi e ben delineati, in particolare l’attenzione si sofferma su una banda locale di giovani norvegesi guidati da un bizzoso e rampante boss e i rivali immigrati dalla Serbia, più tradizionali ma non meno spietati criminali, capeggiati da un vecchio volpone interpretato dal solito eccellente Bruno Ganz, l’altro nome di punta del film.
Per gli esegeti del cinema pulp vi sono alcuni dialoghi da non mancare, la disquisizione sul welfare dei paesi freddi rispetto a quelli del sud caldi è da sbellicarsi, anche i (brevi) ritratti di alcuni killer mettono in risalto circostanze esilaranti mentre nuovi personaggi, come il fratello di Nils, introducono ulteriore carne al fuoco e aumentano il gusto della pietanza finale. In “In Ordine di Sparizione” rischia di passare in sotto-traccia il tema conduttore del rapporto che intercorre tra genitore e figlio, a ben vedere tutti i personaggi principali hanno, in modo diverso, questa incombenza paterna che si trasforma in dimenticanza e angoscia, travolti dalle beffe di una vita violenta e ingiusta. Ecco come il personaggio di Nils, in fondo, non sia fuori contesto in una vicenda al sangue incrociata con due gang criminali. Il gangster detto il Conte, del bravo “spilungone” Pal Sverre Hagen, schiuma rabbia per i suoi uomini che vengono ammazzati come mosche mentre la moglie lo infastidisce per l’affidamento del figlioletto.
Il personaggio di Bruno Ganz, detto “Papa” per un vezzo che si rincorre lungo tutto il film che vuole ogni criminale con un soprannome, si produce in un’inquietudine interiore per avere mandato allo sbaraglio il figlio, cosa che lo accomuna a Nils, emerge in questo modo un capobanda silenzioso ma inflessibile, eroso da un dolore che può essere attenuato solo con altro dolore e violenza. La pellicola è scandita da uccisioni, spesso prolungate in torture e pestaggi, seguite da sarcastiche didascalie tombali con il nome delle vittime e il simbolo della religione professata (la croce per i cristiani). Il finale denota che Hans Petter Molan non è molto a suo agio con le scene d’azione, confuse nel montaggio, ma sono poche e funzionali e non intaccano più di tanto uno dei migliori film usciti in Italia nel 2014. Da vedere.
Tit. Originale: Kraftidioten
Paese: Norveglia/Svezia/Danimarca
Rating: 8/10