Aggiornato il Ottobre 29, 2009 da Il Guru dei Film
Un thriller italiano dai sussulti soprannaturali diretto dall’esordiente Giuseppe Capotondi accolto con favore all’ultimo festival di Venezia.
Torino. Sonia ,una cameriera straniera, e Guido, un ex-poliziotto, si incontrano in un locale per cuori solitari. Tra i due sembra nascere un amore tenero spezzato dall’arrivo di una banda di ladri nella villa custodita da Guido, una pallottola vagante uccide l’uomo gettando nella disperazione Sonia. La ragazza continua la triste vita di sempre ma strani fenomeni le dicono che Guido non è morto e la osserva.
Meglio smorzare gli entusiasmi eccessivi intorno a "La doppia ora", appena un film italiano ha una confezione decente dalla vaga patina internazionale ecco gridare al miracolo, purtroppo l’esordio di Capotondi si regge su una sola idea( buona) ma dal fiato corto mentre prosegue il malcelato orientamento di certo cinema di casa nostra (per es. "La ragazza del lago") restio a "sporcarsi" le mani con i generi puri: difficile definire "La doppia ora", un thriller?, un horror? si opta nella maggior parte dei casi nel bollarlo come giallo a tinte melodrammatiche. Tutto questo per dire che siamo di fronte a un ibrido che alla fine non soddisfa appieno chi è in cerca di emozioni forti che qui appaiono riciclate con scaltrezza.
Nella desolante offerta thriller-horror nostrana degli ultimi anni "La doppia ora" ha vita facile, si tratta dell’esordio di Giuseppe Capotondi giunto dagli ormai obbligatori videoclip musicali e spot pubblicitari, il prologo è uno dei momenti migliori e lascia di stucco per la glaciale banalità in cui viene descritta la disperazione di una donna chiusa in una stanza d’albergo, subito dopo la pellicola si adagia sul mood pre-definito della depressione e squallore sociale assortito (raggelante il locale per single a tempo, nella realtà si spera non cosi triste) senza troppi sussulti a parte la fatidica pallottola nel corso di una rapina. Da quel frangente in avanti "La doppia ora" si trasforma in una ghost-story insolita che provoca un paio di salti sulla sedia, non per meriti particolari di regia ma per un uso truffaldino del dolby surround che nell’intrigante scena della vasca da bagno viene sparato a tutto volume. Il sonoro è un elemento ricorrente nella vicenda, la canzone "In Between Days" dei Cure (un gruppo di "allegroni" notoriamente) si propaga come un tormentone per Sonia che lega il pezzo alla figura di Guido, quest’ultimo invece in una sequenza cruciale utilizza un microfono direzionale per sentire un dialogo a distanza.