Aggiornato il Novembre 15, 2012 da Il Guru dei Film
Diretto e interpretato da Ben Affleck il film sulla crisi all’ambasciata americana in Iran alla fine degli anni 70. 1979, Teheran. Il nuovo regime imposto dai khomeinisti fomenta la protesta contro l’ambasciata americana che si trova assediata da centinaia di dimostranti.
L’irruzione dei militanti porta alla cattura di tutto il personale occidentale, sei funzionari riescono comunque a dileguarsi nelle vie della città sino a trovare riparo nella casa dell’ambasciatore canadese. Il governo americano comincia una lotta contro il tempo per liberare i sei connazionali, non ancora individuati dal regime, l’azione viene affidata all’agente CIA Tony Mendez che ha ideato un piano bizzarro e rischioso: fare credere che il gruppo di fuggiaschi sia in realtà la troupe in trasferta di un film di fantascienza.
Il soggetto del film, incentrato sulla copertura dei fuggiaschi spacciati per una troupe di cineasti, provoca il sorriso se non fosse che si tratta di un avvenimento reale, un’operazione di intelligence venuta a galla solo diversi anni dopo quei lunghi giorni di tensione tra Teheran e Washington per evidenti motivi di segretezza/sicurezza. Per la serie la realtà supera la fantasia un plot perfetto per un “vero” film, l’occasione per rievocare un’epoca e il cinema degli (fine)anni 70, anche dal punto di vista stilistico. Ben Affleck alla terza regia si prende anche la parte del protagonista Tony Mendez, come per il precedente “The Town” si preferisce di gran lunga la prova di direzione piuttosto che la resa attoriale: Affleck con parrucca (?) appare ombroso in tutte le situazioni, spiaccica due parole in tutto, troppo freddo e distaccato, un atteggiamento che si riscontra anche nelle brevi sequenze inerenti la vita privata con il figlioletto e la compagna (separata).
Il film si inserisce in quella sorta di (sotto)filone inaugurato da “Munich” (2005) di Spielberg, non a caso un maestro, che rievoca il passato recente degli anni 70 con una cura maniacale per i dettagli e l’efficacia delle situazioni violente, senza ricorrere a particolari effetti speciali (a parte il panorama della camera d’albergo) e con una fotografia livida e sgranata che ricrea un effetto plumbeo congegnale all’epoca tumultuosa. “Argo” inserisce dei brevi filmati di repertorio che si integrano bene con la parte fiction, viene fatto cenno anche all’invasione russa in Afghanistan, non può sfuggire inoltre una sorta di (auto)critica quando viene menzionato l’intervento statunitense nella storia dell’Iran atto alla creazione di un governo fantoccio negli anni 50. Influssi nefasti che hanno presentato sempre, Saddam Hussein in Iraq per fare un altro esempio, un conto salato da pagare. “Argo” è filtrato per intero dal punto di vista occidentale (americano), gli iraniani risultano sgradevoli e pericolosi, a un certo punto si inserisce il personaggio della governante dell’ambasciatore canadese, compie una scelta difficile, il tutto però è tirato via con fretta.
“Argo”, titolo che si riferisce a sua volta al nome del film fittizio di fantascienza, ha una buona partenza con l’assalto all’ambasciata americana, molto drammatico e ben ricostruito, quando la vicenda si sposta negli Stati Uniti si riscontra un notevole calo di tensione e una malcelata voglia di tenere dei ritmi da commedia brillante. L’arrivo della coppia hollywoodiana formata dal make up artist John Chambers (John Goodman), artista reale e vincitore di riconoscimenti prestigiosi (Oscar per gli effetti della serie “Il Pianeta delle Scimmie”) nonché amico/collaboratore di Tony mendez, e del producer Lester Siegel (Alan Arkin) portano “Argo” verso scenette con gag e omaggi alla Hollywood della fine anni 70: le comparse della serie “Galactica” in pausa con le armature-cyloni. “Argo” nella parte centrale stenta, o meglio, non sembra il film avvincente intuito nelle fasi iniziali.
Il lungo finale mette però le cose al punto giusto e si focalizza sui sei funzionari rimasti intrappolati, lo stretto necessario di caratterizzazione dei personaggi che sono stati curati, più che altro, per assomigliare ai veri fuggiaschi. Mendez dirige il teso avvicinamento all’imbarco di un aereo che significa la salvezza, un ottimo crescendo di incertezza e pericolo ben montato e capace, finalmente, di infondere vera emozione (nonostante si conosca o, si possa intuire, la conclusione). I titoli di coda sono i migliori della stagione, un colpo al cuore per chi, come Affleck (classe 1972), era un bambino nel 1980. Non tutto fila per il meglio in “Argo”, il precedente “The Town” ha ancora una marcia in più, ma riuscire a infondere sentimenti di nostalgia insieme a ricostruzioni di tragici episodi (reali) non è da tutti.
Titolo Originale: “Argo”
Paese: U.S.A.
Rating: 7/10