Aggiornato il Settembre 29, 2006 da Il Guru dei Film

Dalia nera e' uno dei migliori romanzi noir degli ultimi decenni. E' il libro che nel 1987 ha fatto di James Ellroy una star della letteratura hard boiled. A dare un significato particolare a quest'opera non sono solo le sue straordinarie qualita' ma la sua natura autobiografica, Dalia Nera e' la storia di un terrificante delitto rimasto insoluto commesso a Los Angeles nel 1947, quando, in un giardino, fu trovato il corpo tagliato a pezzi e spaventosamente sfregiato di un'aspirante attrice di nome Betty Short ma soprannominata Dalia Nera. Nel 1958, quando Ellroy aveva 10 anni, la madre fu assassinata e il suo corpo sepolto. Il colpevole non e' stato mai trovato. Non per niente, il romanzo e' dedicato proprio alla madre, Ginevra.
Una storia come questa era scritta nel destino di Brian De Palma, un maestro del thriller contemporaneo che da' il meglio di se nelle storie dove l'erotismo femminile ha un ruolo determinante nel generare violenza e istinti perversi. Tutte le grandi storie hard boiled, nei libri e nel cinema, sono la cronaca di un'indagine che, insieme ai colpevoli, porta a scoprire un mondo di depravazione, corruzione, sordidume, complicita' e ipocrisia che vive al riparo della buona societa'. Black Dahlia non fa eccezione: anzi, la denuncia di questa verita' cosi' dolorosa e urticante e' uno dei must di Ellroy che ha inserito il suo capolavoro in un ideale quartetto di Los Angeles di cui fa parte anche L.A. Confidential che Curtis Hanson ha trasformato in un giustamente premiatissimo film che non manchera' di venire in mente agli spettatori piu' avvertiti.
Brian De Palma e' uno dei pochi registi in circolazione il cui indiscusso magistero tecnico vale il prezzo del biglietto. Si sa che puo' contare su un agguerritissimo e foltissimo fans club. Aiutato dalle scenografie di Dante Ferretti (a nessuno, guardando la South Angeles del film verrebbe in mente che il set era in Bulgaria), ancora una volta regala piani sequenza mozzafiato e movimenti di macchina da virtuoso, utilizzando magistralmente il bianco e nero per le sequenze in cui appare la sventurata vittima ancora viva, che noi vediamo solamente nei patetici provini (in uno, fondamentale, il regista che parla fuori campo e' lo stesso De Palma) fatti inseguendo i suoi sogni di gloria di ragazza del Massachussetts arrivata a Los Angeles in cerca di gloria per smarrirsi per sempre in un misero universo di seduzioni pericolose. Nei suoi panni di sventurata seduttrice c'e' una convincente Mia Kirshner.
Si diceva che Black Dahlia e' la storia di un'indagine. Sul delitto lavora una coppia di poliziotti, Bucky Bleichert (Josh Hartnett) e Lee Blanchard (Aaron Eckhart), due vecchi amici che ai tempi del college incrociavano i guantoni da box con i rispettivi soprannomi di Mr Ice e Mr Fire. Ora qui viene il problema: tutti i grandi hard boiled hanno grandi figure maschili. Basta pensare a Humphrey Bogart, Robert Mitchum, Sterling Hayden, Jack Nicholson, fino al Russell Crowe di L.A. Confidential. Nel caso soprattutto di Hartnett il confronto e' impietoso, forse deve aver pensato che per rispettare le regole di Stanislavski, su cui si basa il metodo Strasberg, doveva immedesimarsi con il ghiaccio del suo soprannome. Il fatto e' che, proprio rispettando la regola aurea del genere, chi indaga finisce dentro un frullatore esistenziale che, attraverso un itinerario che parte dall'ufficio e va dai bassifondi alle ville piu' sontuose, dai rifugi piu' putridi ai club piu' esclusivi, dalla solitudine dei vicoli e dei bar al letto delle donne piu' desiderabili, un film come Black Dahlia e un regista come Brian De Palma avrebbero dovuto avere a disposizione ben altro da Hartnett. Eckhart riesce a essere piu' convincente, a dare il senso di uno di quei personaggi di poliziotti duri il cui unico destino e' essere un poliziotto duro; Manca pero' il grande protagonista: tanto per capirsi, per non voler tornare indietro al Grande sonno, qualcuno come il gia' citato Russell Crowe di L.A. Confidential, o il Nicholson di Chinatown.
Data per assunta l'originalita' del De Palma touch, i due film in questione sono, volendo, i due riferimenti piu' diretti di Black Dhalia: con L.A Confidential esiste un legame genetico, essendo due dei quattro capitoli di un ritratto di Los Angeles ispirato alla letteratura pulp (di cui Ellroy e' attentissimo studioso) e splamato lungo una decade, dai primi '40 al decennio successivo. Con Chinatown il rapporto e' piu' sofisticato, si entra nell'atmosfera, nell'anima dei personaggi ognuna delle quali e' un micro tassello di quella spaventosa creatura collettiva chiamata metropoli dove si specchia la vera faccia dell'America.
Ad alimentare il legame contribuisce anche la colonna sonora, elegantemente old fashioned di Mark Isham, autore a la page come pochi. Il gioiello dello score e' Love for Sale cantata da K.D. Lang versione crooner che, essendo un'icona militante del movimento gay femminile, mette a segno un colpo di magistrale auto ironia, accettando che il brano facesse da colonna sonora al party per sole donne organizzato dalla Dark Lady bisessuale. In questo ruolo c'e' Hilary Swank, la Million Dollari Baby, che e' bravissima. Il suo e' senza dubbio il personaggio meglio interpretato del film. Mettendo qualche eco di Katharine Hepburn, la Swank da' vita a una misteriosa aristocratica dalle rischiose abitudini che in storie come queste un poliziotto non dovrebbe mai incontrare. Infatti Mr Ice ci finisce a letto e la cosa gli causera' il consueto spropositato numero di casini.
L'altra figura centrale di Black Dahlia e' Scarlett Johanson, una delle poche autentiche star femminili dell'ultima generazione, sicuramente uno dei nuovi sex symbol. Una scelta perfetta per un noir come questo dove e' la molto glamorous bionda il cui rapporto con i due poliziotti e' gia' una storia a se. La sua Kay e' una donna che ha subito un trauma, che tiene segreto il suo universo emotivo e sa scegliere la ragione degli altri.
Paolo Biamonte
Una storia come questa era scritta nel destino di Brian De Palma, un maestro del thriller contemporaneo che da' il meglio di se nelle storie dove l'erotismo femminile ha un ruolo determinante nel generare violenza e istinti perversi. Tutte le grandi storie hard boiled, nei libri e nel cinema, sono la cronaca di un'indagine che, insieme ai colpevoli, porta a scoprire un mondo di depravazione, corruzione, sordidume, complicita' e ipocrisia che vive al riparo della buona societa'. Black Dahlia non fa eccezione: anzi, la denuncia di questa verita' cosi' dolorosa e urticante e' uno dei must di Ellroy che ha inserito il suo capolavoro in un ideale quartetto di Los Angeles di cui fa parte anche L.A. Confidential che Curtis Hanson ha trasformato in un giustamente premiatissimo film che non manchera' di venire in mente agli spettatori piu' avvertiti.
Brian De Palma e' uno dei pochi registi in circolazione il cui indiscusso magistero tecnico vale il prezzo del biglietto. Si sa che puo' contare su un agguerritissimo e foltissimo fans club. Aiutato dalle scenografie di Dante Ferretti (a nessuno, guardando la South Angeles del film verrebbe in mente che il set era in Bulgaria), ancora una volta regala piani sequenza mozzafiato e movimenti di macchina da virtuoso, utilizzando magistralmente il bianco e nero per le sequenze in cui appare la sventurata vittima ancora viva, che noi vediamo solamente nei patetici provini (in uno, fondamentale, il regista che parla fuori campo e' lo stesso De Palma) fatti inseguendo i suoi sogni di gloria di ragazza del Massachussetts arrivata a Los Angeles in cerca di gloria per smarrirsi per sempre in un misero universo di seduzioni pericolose. Nei suoi panni di sventurata seduttrice c'e' una convincente Mia Kirshner.
Si diceva che Black Dahlia e' la storia di un'indagine. Sul delitto lavora una coppia di poliziotti, Bucky Bleichert (Josh Hartnett) e Lee Blanchard (Aaron Eckhart), due vecchi amici che ai tempi del college incrociavano i guantoni da box con i rispettivi soprannomi di Mr Ice e Mr Fire. Ora qui viene il problema: tutti i grandi hard boiled hanno grandi figure maschili. Basta pensare a Humphrey Bogart, Robert Mitchum, Sterling Hayden, Jack Nicholson, fino al Russell Crowe di L.A. Confidential. Nel caso soprattutto di Hartnett il confronto e' impietoso, forse deve aver pensato che per rispettare le regole di Stanislavski, su cui si basa il metodo Strasberg, doveva immedesimarsi con il ghiaccio del suo soprannome. Il fatto e' che, proprio rispettando la regola aurea del genere, chi indaga finisce dentro un frullatore esistenziale che, attraverso un itinerario che parte dall'ufficio e va dai bassifondi alle ville piu' sontuose, dai rifugi piu' putridi ai club piu' esclusivi, dalla solitudine dei vicoli e dei bar al letto delle donne piu' desiderabili, un film come Black Dahlia e un regista come Brian De Palma avrebbero dovuto avere a disposizione ben altro da Hartnett. Eckhart riesce a essere piu' convincente, a dare il senso di uno di quei personaggi di poliziotti duri il cui unico destino e' essere un poliziotto duro; Manca pero' il grande protagonista: tanto per capirsi, per non voler tornare indietro al Grande sonno, qualcuno come il gia' citato Russell Crowe di L.A. Confidential, o il Nicholson di Chinatown.
Data per assunta l'originalita' del De Palma touch, i due film in questione sono, volendo, i due riferimenti piu' diretti di Black Dhalia: con L.A Confidential esiste un legame genetico, essendo due dei quattro capitoli di un ritratto di Los Angeles ispirato alla letteratura pulp (di cui Ellroy e' attentissimo studioso) e splamato lungo una decade, dai primi '40 al decennio successivo. Con Chinatown il rapporto e' piu' sofisticato, si entra nell'atmosfera, nell'anima dei personaggi ognuna delle quali e' un micro tassello di quella spaventosa creatura collettiva chiamata metropoli dove si specchia la vera faccia dell'America.
Ad alimentare il legame contribuisce anche la colonna sonora, elegantemente old fashioned di Mark Isham, autore a la page come pochi. Il gioiello dello score e' Love for Sale cantata da K.D. Lang versione crooner che, essendo un'icona militante del movimento gay femminile, mette a segno un colpo di magistrale auto ironia, accettando che il brano facesse da colonna sonora al party per sole donne organizzato dalla Dark Lady bisessuale. In questo ruolo c'e' Hilary Swank, la Million Dollari Baby, che e' bravissima. Il suo e' senza dubbio il personaggio meglio interpretato del film. Mettendo qualche eco di Katharine Hepburn, la Swank da' vita a una misteriosa aristocratica dalle rischiose abitudini che in storie come queste un poliziotto non dovrebbe mai incontrare. Infatti Mr Ice ci finisce a letto e la cosa gli causera' il consueto spropositato numero di casini.
L'altra figura centrale di Black Dahlia e' Scarlett Johanson, una delle poche autentiche star femminili dell'ultima generazione, sicuramente uno dei nuovi sex symbol. Una scelta perfetta per un noir come questo dove e' la molto glamorous bionda il cui rapporto con i due poliziotti e' gia' una storia a se. La sua Kay e' una donna che ha subito un trauma, che tiene segreto il suo universo emotivo e sa scegliere la ragione degli altri.
Paolo Biamonte