Captivity – L’amore al tempo dell’horror

Aggiornato il Agosto 31, 2007 da Il Guru dei Film

Film: Captivity

Roland Joffe (Urla del silenzio e Mission) è il regista a sopresa di questo film sul genere Hostel che mescola le consuete torture e sequenze raccapricianti con un’imprevedibile love story.


E’ un po’ sorprendente vedere che il regista di Captivity sia Roland Joffe, due volte candidato all’Oscar per Urla del silenzio e Mission. Evidentemente il flop di La lettera scarlatta e Vatel lo ha messo nella condizione di non poter rifiiutare la richiesta di girare un film sul genere Hostel-Saw. Ovvero la moda del momento. L’idea ‘nuova’ è quella di mescolare alle ormai consuete scene raccapriccianti un’ imprevedibile storia d’amore. Negli Usa Captivity si è guadagnato grande spazio per le furibonde polemiche scatenate dalle femministe contro la prima campagna pubblicitaria che aveva contenuti misogini e offensivi tali da indurre a cambiare registro. Quelle del film è del tutto prevedibile. La protagonista-vittima è Elisha Cuthbert nei panni di una super model-attrice, Jennifer, che di notte gira tutta da sola per New York fino a che non entra a bere un drink in un locale tanto trendy ma che si capisce lontano un miglio che nessun essere umano dotato almeno di un neurone ci metterebbe piede. Jennifer invece non solo ci entra entusiasta ma si lascia anche un po’ andare (e già qui c’ è la prima morale. o no?) e così si risveglia in una prigione sotterranea. A menare le danze è, guarda un po’, un pazzo fulminato che ha avuto problemi con la mamma e ora si diverte a far bere bicchieri con spremuta di occhi alla biondona, a farle vedere i filmati dello scempio inflitto alle donne che l’hanno preceduta, a spappolare il suo cane, a farle indossare dozzinali abiti sexy con stiletti (che contrappasso per una supermodel! non vedete anche qui una profonda morale?). Il colpo di scena lo provoca involontariamente il matto sado-guardone: la sua sala tortura è un in realtà un bilocale. E imprigionato nella prigione accanto a quella di Jennifer c’è Gary (Daniel Gillies), un ragazzo tanto carino e umano nonostante le cure del suo squilibrato anfitrione. I due entrano in contatto e, udite udite, scoppia la scintilla.
Come è stato già detto molte volte, questo genere di film è indirizzato agli appassionati. Giudicarli attraverso canoni critici o estetici serve a poco. E’ sicuramente più in tema la relazione di un coroner.   

Paolo Biamonte