Aggiornato il Gennaio 11, 2016 da Il Guru dei Film
David Bowie, l’uomo che cadde sulla Terra e che molte volte aveva cambiato il corso del rock se n’è andato due giorni dopo il suo 69mo compleanno e l’uscita del suo ultimo album, “Blackstar” …
un lavoro di una profondità sconosciuta al rock contemporaneo, consegnando alla storia la sua ultima incarnazione: quella del video di “Lazarus”, dove è l’amico di Gesù che avvolto da bende risorge dalla morte con le movenze meccaniche di un balletto espressionista.
David Robert Jones, il nome con cui era registrato all’anagrafe di Londra, è stato uno dei più grandi performer di sempre, senza discussione una delle personalità più influenti della cultura popolare degli ultimi 50 anni, un simbolo di una creatività costantemente spinta oltre le convenzioni.
Una carriera cominciata negli anni ’60 animata, fin dai primi passi, dalla precisa volontà di ritagliarsi un suo spazio ben definito in un ambiente, la scena inglese, affollato di nomi come Beatles, Rolling Stones, Who, Pink Floyd.
All’epoca dell’uscita, la fine degli anni ’60, i suoi primi album, destinati poi a essere considerati dei capolavori, non ebbero l’accoglienza desiderata: “Space Oddity”, “The Man Who Sold The World” e “Hunky Dory”, che si muovevano tra atmosfere acustiche, visioni Progressive, durezze rock, riferimenti espliciti ad Andy Warhol e ai Velvet Underground, aprivano la strada a un modo nuovo di concepire il rock.
La vera esplosione a livello popolare coincide con la nascita della prima storica incarnazione di David Bowie, Ziggy Stardust, un alieno con gli stivali rossi dalla zeppe altissime, i capelli arancioni, e un’esibita, e per l’epoca rivoluzionaria, ambiguità sessuale.
Spinto dalla sua ammirazione per Lou Reed e Iggy Pop, mettendo a frutto la sua esperienza con Lindsay Kemp, non solo creò uno dei suoi più celebri alter ego ma uno degli album più influenti e di maggior successo della sua carriera, “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars”, dove ci sono canzoni come “Starman”, “Suffragette City”, “Rock’n’Roll Suicide”
Il successo fu clamoroso, segnò l’esplosione del Glam Rock, gli aprì le porte dell’America e mise David Bowie definitivamente al centro della scena.
Ziggy diventò talmente popolare che già nel 1973 il suo creatore decise di lasciarlo scomparire con il leggendario concerto all’Hammersmith di Londra.
Già il successivo “Aladdin Sane”, che contiene classici come “The Jean Genie”, “Changes”, comincia a manifestare il desiderio di cambiare orizzonti musicali. Con “Pin Ups”, un album di cover e il successivo “Diamond Dog”, un concept album ispirato a “1984” di George Orwell e “Ragazzi Selvaggi” di William Burroughs e costruito attorno alla figura di Halloween Jack, si chiude il periodo di formazione e l’esperienza più direttamente legata al suono Glam.
Il cambiamento definitivo avviene con “Young Americans” in cui diventa manifesta la passione per la Black Music: il suono diventa funky, molto più pop, sicuramente più adatto al grande pubblico americano.
Nel 1976, mentre l’uso smodato di cocaina va di pari passo con lo studio dell’occultismo, ispirato dal personaggio interpretato nel film “L’uomo che cadde sulla terra” di Nicolas Roeg, Bowie fa nascere un altro celeberrimo alter ego, il Duca Bianco, la figura che è al centro di “Station to Station”, l’album che fa da punto di passaggio tra il funky pop di “Young Americans” e le atmosfere della trilogia berlinese.
“Low”, “Heroes”, (l’unico dei tre registrato effettivamente a Berlino) e “Lodger” sono tre titoli profondonamente influenzati dalla nascente scena elettronica tedesca (Kraftwerk, Tangerine Dream) e realizzati con la collaborazione di Brian Eno, dischi di enorme importanza per l’influenza avuta sulla musica degli anni a venire e la dimostrazione di un coraggio creativo fuori dal comune.
Con “Scary Monster” comincia un altro periodo della carriera di David Bowie che con “Let’s Dance”, prodotto da Nile Rodgers degli Chic, raggiunge il culmine del suo successo internazionale svoltando verso atmosfere più apertamente dance.
Il clamoroso successo finì per mettere in crisi l’ex Ziggy Stardust che prima produsse tre album non altezza delle sue opere precedenti e poi si concesse la pausa, commercialmente disastrosa, hard rock quasi punk dei Thin Machine.
C’è voluto qualche anno prima che uscissero nel ’93 “Black Tie White Noise” e il sofferto “The Buddha of Suburbia”.
In realtà neanche la reunion con Brian Eno per “1.Outside” ha rivitalizzato la sua carriera discografica che, anche per motivi di salute, si è fatta sempre meno fitta di impegni.
Nel 2013, dopo 10 anni di silenzio, era uscito “The Next Day”, due giorni fa l’ultimo capolavoro, “Black Star”, prodotto dall’amico di sempre Tony Visconti e suonato da alcuni dei migliori musicisti della nuova scena jazz americana.
Una sorta di testamento musicale che segna l’uscita di scena di un personaggio che ha saputo cambiare a fondo la musica e il modo di essere artista.
David Bowie ha avuto un rapporto piuttosto intenso anche con il cinema: Il suo esordio di attore è del 1976, nel film di fantascienza di Nicolas Roeg L’Uomo che Cadde sulla Terra, tratto dal romanzo di Walter Tevis. E’ apparso poi in film come Gigolò di David Hemmings (l’ultimo film di Marlene Dietrich), Noi, i Ragazzi dello zoo di Berlino (solo un cammeo), famoso il ruolo in “Furyo” (1983), dove è il maggiore australiano Celliers, rinchiuso durante la seconda guerra mondiale in un campo di prigionia giapponese. In Miriam si Sveglia a Mezzanotte di Tony Scott è il compagno della vampira Catherine Deneuve, ma è stato Ponzio Pilato ne L’Ultima Tentazione di Cristo di Martin Scorsese, Andy Warhol in Basquiat di Julian Schnabel e Nikola Tesla in The Prestige di Christopher Nolan.
Tra i suoi cameo quelli in Labyrinth di Jim Henson, Fuoco Cammina con Me di David Lynch , Il Mio West di Giovanni Veronesi (accanto a Pieraccioni e Alessia Marcuzzi), Zoolander di Ben Stiller.
Naturalmente le canzoni di David Bowie sono state spesso utilizzate nelle colonne sonore: più di recente Bernardo Bertolucci ha utilizzato Ragazza sola ragazzo solo (cover di Space Oddity) nel film Io e te, Ben Stiller ha invece scelto proprio Space Oddity come pezzo chiave della sua prova da regista in I sogni segreti di Walter Mitty, Ridley Scott ha accompagnato i titoli di coda di The Martian con Starman.
Paolo Biamonte