Fearless – la vera storia di Huo Yuanjia

Aggiornato il Luglio 22, 2007 da Il Guru dei Film

Film: Fearless

E’ arrivato in sala Fearless, con Jet Li che interpreta Huo Yuanjia, un maestro di arti marziali che è entrato nella leggenda sia per la straordinaria abilità che per aver restituito dignità e amor proprio al popolo cinese in uno dei momenti meno felici della sua storia. Un film che non solo non deluderà gli amanti del genere e i fan di Jet Li, ma che ha molto da dire a chi cerca in un film qualcosa di più del divertimento.

Figlio di un grande maestro di arti marziali, Huo Yuanjia è un bambino gracile e di salute cagionevole, per cui il padre gli impedisce di imparare a combattere. Imparerà da solo, spiando le lezioni e gli allenamenti del padre per oltre 10 anni, fino a padroneggiare completamente lo stile della famiglia Huo. La sua abilità lo porterà però sulla strada dell’orgoglio e dell’arroganza, finchè un tragico episodio non cambierà per sempre la sua vita: pagherà infatti un carissimo prezzo per poter recuperare la sua parte più umana, imparando l’umiltà, la gentilezza e la generosità.

Uscirà da questa esperienza migliorato nello spirito e nel corpo: perfeziona infatti il Mizong – il suo stile di combattimento – e comprende che il futuro delle arti marziali non è nella brutalità delle sfide mortali tanto comuni tra le varie scuole, ma nella correttezza e nel rispetto propri delle discipline sportive.

Seguendo questa intuizione, fonderà a Shanghai la Jingwu Sports Federation (Chin Woo Athletic Association ), che diventerà subito l’emblema dell’orgoglio nazionalista cinese: in quel periodo infatti – siamo nel primo decennio del secolo scorso – la Cina era constantemente umiliata dai colonizzatori stranieri, che non perdevano occasione per deriderne i costumi e le tradizioni. Venivano spesso organizzate sfide tra atleti occidentali (boxer o wrestler) e combattenti cinesi, al solo scopo di umiliare questi ultimi.

Huo Yuanjia invece capovolgerà qualsiasi pronostico, sconfiggendo tutti gli antagonisti con il suo stile elegante e aggraziato e riscattando quindi il popolo cinese dalle umiliazioni subite.

Morirà a 42 anni: benchè malato di ittero e di tubercolosi continuerà a combattere – e a vincere – fino agli ultimi giorni della sua vita, tant’è che molte fonti ritengono sia morto avvelenato dai suoi nemici.

E’ un buon film, nel quale [[Jet Li]] ancora una volta non deluderà i suoi fan, e che – oltre al semplice ma intenso piacere di 100 minuti di spettacolo – apre al porta ad alcune considerazioni.
La prima, e forse la principale, sta nel valore del messaggio: questo film, esattamente come Hero (il produttore infatti è sempre Bill Kong), fa parte di questa nuova corrente di pensiero che sta cercando di rivalutare la cultura cinese "ante-rivoluzione". La Cina infatti sta ricostruendo la propria immagine, sia verso gli stessi cinesi – stimolando l’orgoglio nazionalista e l’amore per le tradizioni – sia verso il mondo occidentale, attraverso il cinema e la divulgazione della cultura (pensate ai Guerrieri di Terracotta, che stanno girando il mondo come ambasciatori della grandezza cinese).
La strategia è perfetta, degna del più sottile ingegno: la Cina infatti – lo sappiamo bene – è ormai il principale produttore di beni di consumo del mondo, ma negli anni scorsi questa supremazia è stata ostacolata da un’immagine diciamo poco simpatica del Governo Cinese. Cercare di riguadagnare l’ammirazione e il rispetto del resto del mondo contribuisce sicuramente a rendere più accettabili i prodotti cinesi: oggi la scritta ”made in China" è sempre meno un marchio di scadente qualità, ma anzi suscita sempre di più ammirazione per questo popolo che riesce a occupare qualsiasi settore merceologico.
Questa strategia del consenso produce un risultato inatteso, che forse diventa il principale beneficio: la cultura cinese tradizionale è una cultura del rispetto e dell’armonia, della pace e della tolleranza. Una politica globale, a livello planetario, che divulghi questa tradizione non può che apportare un beneficio a tutta l’umanità, in un momento storico nel quale stiamo un po’ tutti mettendo in discussione i modelli culturali occidentali che abbiamo seguito fin’ora.

E veniamo quindi alla seconda considerazione: il cinema ha preso il posto della fiaba, e di conseguenza ne acquisisce le responsabilità sociali.
Mi spiego meglio: da sempre, in tutte le culture, i valori etici sono stati tramandati attraverso le fiabe e i miti. Tutte le storie della mitologia greca, o le leggende nordiche, o le storie delle Mille e Una Notte, servono principalmente a educare, a trasmettere di generazione in generazione i valori tradizionali che hanno permesso a quella cutura di esistere e di progredire. Lo stesso Shahryar, il sultano delle Mille e Una Notte, manifesta questo concetto a Sheherazade, dicendole che apprezza molto le sue storie proprio perchè in ognuna c’è un insegnamento morale ben definito, caratteristica fondamentale perchè una storia possa essere considerata degna di essere raccontata.
Oggi, con la diffusione della tecnologia, questo ruolo è stato acquisito dal cinema: chi di voi ha figli sa bene quanto i bambini oggi siano attenti (e ripetitivi) consumatori dei classici Disney o comunque di animazione, che guardano e riguardano all’infinito, preferendoli alla tradizionale lettura delle fiabe da parte della mamma. E meno male che sono arrivati altri prodotti di animazione a contrastare il monopolio di Walt Disney, prodotti meno cruenti e cupi (non dimentichiamoci che il signor Disney era tutt’altro che un cuore tenero). E siamo tutti consapevoli che un film può essere un veicolo di diffusione culturale estremamente efficacie: pensate solo a quante mode o costumi sono stati diffusi in tutto il mondo dal successo di alcuni titoli.

Tutto questo per dire che oggi un film ha una responsabilità educativa e morale alla quale non può sottrarsi: tanto per banalizzare (ma poi neanche tanto), vedere il protagonista di un film che, seduto a tavola, mangia con il gomito sul tavolo è un modello deleterio. Come si può far capire al proprio figlio che quel comportamento non è corretto, se poi sull’Enterprise il comandante Archer mangia in quel modo?

Come giustamente osserva Albert Gibson (Tom Arnold) in "[[True Lies]]" rivolgendosi a Harry Tasker (Arnold Schwarzenagger), sconcertato dopo aver visto la propria figlia rubare i soldi dal portafoglio dell’amico, i genitori non possono competere – in quei dieci minuti al giorno che dedicano ai figli – con il bombardamento che questi subiscono dalla TV, dal Cinema e dai Media in generale. E alla fine sono proprio questi canali che educano i nostri figli, molto più di quanto noi possiamo fare…

In questo scenario un film come Fearless supera brillantemente la prova di consistenza etica: la strategia cinese del consenso attraverso la diffusione della cultura tradizionale risponde anche egregiamente alla necessità di storie con uno spessore morale positivo, contribuendo  – nel suo piccolo – a formare un domani che tutti noi speriamo almeno più armonico. Con questo non voglio attribuire a Fearless l’autorevolezza di una Pitaka del Canone Buddhista, di un passo della Bibbia o una Sura del Corano: è un film, un prodotto commerciale fatto per generare ricchezza. Però si può cercare di generare ricchezza in molti modi, alcuni dei quali possono contribuire, anche in misura minima, a trasmettere valori positivi. E qualsiasi contributo in questo senso, anche il più piccolo, è importante.

Un’ultima nota: il 21 aprile 2007 è stata presentata la Jet Li One Foundation, con l’obiettivo di raccogliere fondi per collaborare con la Croce Rossa Cinese nello sforzo di aiutare le popolazioni bisognose. Jet Li presenta il progetto con queste parole:
C’è soltanto una Terra. Ognuno di noi ha soltanto una vita. Noi tutti condividiamo lo stesso pianeta, e questo ci rende parte di un’unica famiglia. Aiutando gli altri, aiutiamo noi stessi. Insieme possiamo superare qualsiasi sfida e qualsiasi difficoltà.

riferimenti:

Fearless – sito del film
Jet Li – sito ufficiale
The Jet Li One Foundation – sito ufficiale