The Hateful Eight (2015)

Aggiornato il Febbraio 8, 2016 da Il Guru dei Film

The Hateful Eight, l’ottavo film di Quentin Tarantino. Wyoming, alcuni anni dopo la guerra di Secessione.. Nel principio di una grossa bufera di neve due cacciatori di taglie stringono un accordo per raggiungere un luogo riparato …

Tit. Originale: “The Hateful Eight
Paese: USA
Rating: 7/10

con loro ci sono una donna prigioniera, un tizio che dice di essere in procinto di divenire sceriffo e il cocchiere della diligenza che li trasporta. Arrivati all’emporio di Minnie, situato nel bel mezzo del nulla innevato, trovano ad accoglierli alcuni uomini che li informano dell’assenza dei proprietari, partiti a causa di un’emergenza, il cacciatore di Taglie Marquis Warren riconosce tra gli astanti un ex generale sudista…..

Il nuovo western di Quentin Tarantino porta il regista verso un film più personale e poco commerciale, si può azzardare un parallelo con la filmografia dell’autore e dire che The Hateful Eight può ricordare il ragionato e colto “Jackie Brown” dei dorati anni 90, pellicola che seguiva i fasti di “Le Iene” e, soprattutto, “Pulp Fiction”. La rivisitazione western nelle mani di Tarantino diviene un’opera originale, con tanti riferimenti ma, forse per la prima volta, predisposta con meno efficacia e potenza del solito, aspetto che può sconcertare ma, attenzione, siamo sempre dalle parti di grandi sprazzi di cinema, segnato da prove attoriali di livello, con un Samuel L. Jackson (maggiore Marquis Warren) che giganteggia come uno si aspetta, vero attore feticcio e cerimoniere di un piccolo grande gioco al massacro. Di contro si denota una noia di fondo, impossibile da negare, quasi sfiancante e dovuta per buona parte anche all’eccessiva durata della pellicola, aspetto che lo accomuna con il coevo e similare per ambientazione Revenant.

Tarantino dichiara di avere girato un finto western, una falsariga sulle coordinate horror di The Thing di John Carpenter, gli elementi coincidono visto l’ambientazione invernale e la chiusura dei protagonisti in un luogo isolato, se questo non basta ci sono anche Kurt Russell, il cacciatore di taglie baffuto John Ruth, e Ennio Morricone alla colonna sonora, entrambi presenti nel glorioso horror del 1982. In realtà la colonna sonora di Ennio Morricone, maestro inarrivabile, è un motivo di imbarazzo in The Hateful Eight, poco valorizzata, anche perché non ha il respiro epico ed evocativo dei migliori lavori del compositore. Non si tratta della prima collaborazione tra i due geni, nel precedente Django Unchained Tarantino “bruciava” nell’anonimato la canzone di Elisa arrangiata da Morricone. Tarantino segue una linea rigorosa, se lo può permettere dopo avere messo in cascina i successi clamorosi di Bastardi senza gloria e Django Unchained (quest’ultimo ha incassato la bellezza di 425 milioni di $), scrive e dirige un film non tanto per il pubblico quanto per se stesso, tra l’altro in pellicola 70 mm. panoramica, un vezzo che si può concedere lui e pochissimi altri (chi?).

Si nota che l’autore è innamorato della storia e dei personaggi, al punto da dilatare l’opera nei tempi e nella tensione, a discapito di tutta la prima parte, davvero troppo tirata per le lunghe e conseguenti giri a vuoto, forse voluti. La iniziale inquadratura fissa e prolungata su un crocifisso sommerso di neve sembra avvertire: siete nel mio film, mettetevi comodi che qui le cose si fanno con calma, anche troppa viene da dire. Negli anni si è posta l’enfasi sui dialoghi scritti dal regista, fulminanti e divertenti, in The Hateful Eight coprono buona parte, se non tutta, l’intera durata e data l’impostazione teatrale della messa in scena scorrono battute intense, in alcuni momenti anche esilaranti (il flashback dell’uomo nudo nella neve) ma in gran parte sono inutili e (auto)compiaciute. Ci sarebbe poi tutto il discorso dei sotto testi, della forza politica intrinseca della situazione che sembra sintetizzare la violenza di un paese razzista, dilaniato e violento, ma è appunto un aspetto tra le righe, non determinante ai puri fini cinematografici.

Scandita in capitoli, come consuetudine nei lavori del regista, la vicenda prende una piega da “giallo” viene detto, ritorna invece l’atmosfera di sospetto e incertezza di “The Thing” sulla vera identità dei protagonisti, e rientra nei ranghi più riconoscibili e pulp verso il finale risolutore, con una prevedibile body count al sangue che resta sempre un bel vedere anche per diversi e divertenti effetti splatter. Tra gli interpreti si riconoscono quelle vecchie pellacce di Tim Roth e Michael Madsen che non possono altro che farci ricordare di “Le Iene”, opera a cui The Hateful Eight tende per forza di cose, e Jennifer Jason Leigh, ottima nella parte della prigioniera nonostante giri per tutto il film con un occhio nero/pesto chiaramente finto (imperdonabile per una produzione del genere). In generale accolto bene ma, per la prima volta, Tarantino non mette tutti d’accordo e gli incassi sono in flessione, una notizia non da poco. C’è quasi da scommettere che il prossimo film non sarà un western, anche se San Quentin ha dichiarato di volerne fare un terzo.

Sciamano

The Hateful Eight

The Hateful Eight - Recensione dello Sciamano

 

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