Halloween-il ritorno del mito

Aggiornato il Gennaio 4, 2008 da Il Guru dei Film

Halloween

Rob Zombie riscrive a modo suo il capolavoro diretto da John Carpenter nel 1978 adattandolo ai canoni del più esplicito e sanguinario horror contemporaneo.

Halloween è uno dei capolavori dell’horror, un film con cui, 30 anni fa, John Carpenter, con la geniale trovata di utilizzare la ripresa in soggettiva, spingeva lo spettatore a identificarsi con il mostro assassino fino ad avere paura di sé stesso. Dopo un bel numero di sequel e con la benedizione di Carpenter, Rob Zombie, un furbacchione che si divide tra trash metal e slasher movie, riscrive il film che ha dato origine a un genere. A parte il cast le differenze sostanziali sono due: il prologo, dove si racconta come il leggendario Michael Myers si trasforma in uno spaventoso killer, e che dai 10 minuti dell’originale viene dilatato a quasi un’ora, fino quasi a costituire un prequel; e lo stile narrativo.
L’Halloween di Carpenter è anche un capolavoro di atmosfera, dove l’orrore è più nella tensione e nell’attesa che nei fatti. Quello di Rob Zombie è, in omaggio alle contemporanee regole di genere, un susseguirsi di sequenze di violenza parossistica dove nulla viene lasciato all’immaginazione. Veniamo al racconto della nascita del mostro: la mamma (Sheri Moon Zombie, moglie di Rob) è una professionista dello strip tease, Ronnie, il patrigno (William Forsythe) è un alcolizzato violento molto incline agli abusi, tendenza condivisa dalla sorella. Il piccolo Michael, che è anche bruttarello anzi che no, viene messo in croce dai compagni. Per un pò la sua autoterapia è torturare animali. Poi il crollo, i primi omicidi e il ricovero in un manicomio sotto le cure del dr. Loomis (Malcom McDowell). Dopo 15 anni trascorsi da recluso senza dire una parola, il dottor Loomis dichiara conclusa la loro relazione mentre le autorità pensano bene di trasferirlo proprio la notte di Halloween. Michael evade e comincia il massacro. Non c’è bisogno di aver studiato Freud per capire che il primo posto dove Michael va è la sua vecchia casa, ora in rovina, nè per intuire da chi comincia la sua vendetta. Il ragazzino ora è diventato uomo e in manicomio il suo passatempo preferito è passato dal torturare gli animali alla costruzione di maschere, che fanno ormai parte del culto sorto attorno al film di Carpenter. Quanto all’Halloween di Rob Zombie non c’è molto altro da aggiungere. Tenendo conto del livello di orrore e di orrori cui ci ha abituato il genere, non si può non notare che, almeno nel ritmo schizoide della camera che segue la lama mentre infierisce sul corpo della vittime, ci sono degli echi dell’originale.
Paolo Biamonte