Aggiornato il Giugno 11, 2009 da Il Guru dei Film
Eccezionale opera giapponese ambientata nel periodo Tokugawa, un vertice assoluto dei generi Jidai-geki e Chambara.
1630, Giappone. Il ronin decaduto Tsugumo chiede il permesso all’intendente Saito di compiere il rito del seppuku nel castello della casata Iyi. Tsugumo prima di sacrificarsi racconta la sua vita e le tragedie che lo hanno portato all’estremo gesto, in realtà l’uomo è giunto nel nobile casato per un secondo fine che non tarda a rivelare.
Immerso nello spietato mondo dell’era Tokugawa in Giappone il film di Masaki Kobayashi (“Kwaidan”) riflette a suo modo la durezza e l’insensibilità delle convenzioni sociali dei nostri giorni, i codici dei samurai e la rigidità della suddivisione in caste del passato si sono adeguati di pari passo nel tempo trasformandosi in leggi e restrizioni che hanno sempre privilegiato i potenti. “Harakiri” è un film sull’onore, non tanto quello mitizzato dei samurai quanto quello delle persone in lotta quotidianamente contro le ingiustizie e sopraffazioni.
Il protagonista Tsugumo, interpretato da un titanico Tatsuya Nakadai, è un ronin caduto in disgrazia in seguito al protrarsi di un periodo di pace che ha in pratica sancito la fine delle guerre e l’inutilità dei samurai, egli è vittima di eventi imposti e incontrollabili: la scelta della via del samurai piena di codici obsoleti lo hanno ridotto alla povertà. I giorni più felici sono legati ai suoi affetti famigliari con l’arrivo del nipote Kingo nato dall’unione della figlia Miho con Motome, il figlio del suo migliore amico che, prima di morire suicida, lo ha pregato di vegliare su di lui. Gli stenti delle ristretteze economiche e l’arroganza del potere distruggono in poco tempo la fragile serenità della famiglia di Tsugumo.