Aggiornato il Giugno 19, 2012 da Il Guru dei Film
Domani e il 21 giugno torna nei cinema in edizione restaurata il film di John Landis con John Belushi e Dan Akroyd e un cast di leggende della musica nera che ormai da anni ha raggiunto la dimensione del classico.
Quando si dice un classico. Il 20 e il 21 giugno, 32 anni dopo l’uscita nei cinema e a poco più di 30 anni dalla scomparsa di John Belushi, The Blues Brothers tornerà nelle sale nell’edizione restaurata. Può essere anche l’occasione per ricordare in un modo più degno Donald “Duck” Dunn, il bassista con la pipa in bocca morto poco più di un mese fa senza ricevere la giusta attenzione dei media. Dunn non era soltanto il bassista della Blues Brothers Band: era una leggenda, l’uomo che insieme a Steve Cropper, il chitarrista della banda di Jake ed Elwood, Al Jackson jr alla batteria e all’organista Booker T Jones formava i Booker T and The M.G.’s (quelli di “Green Onion”), la sezione ritmica che ha dato il suono alla Stax, l’etichetta discografica di Memphis che ha fissato i crismi della Soul Music. La musica dei Blues Brothers è uno dei più appassionati omaggi alla Stax mai realizzati.
Come altri classici del cinema, anche il film di John Landis è nato in mezzo al caos produttivo, a un clamoroso sforamento di budget provocato anche dai ritardi di Belushi che cominciava a diventare sempre più schiavo dei suoi problemi e dai clamorosi costi delle scene di incidenti di macchina: all’epoca si girava tutto dal vivo e centinaia di automobili sfasciate costano.
Quando uscì il responso al botteghino in principio fu tiepido: solo col tempo, e grazie anche allo strepitoso successo della colonna sonora, diventò un cult e un classico.
Come si sa, The Blues Brothers nasce da un’idea un po’ temeraria: Jake ed Elwood Blues erano due personaggi inventati da Dan Aykroyd (che è autore anche della sceneggiatura) e John Belushi per Saturday Night Live, lo show che ha cambiato per sempre la comicità in TV e non solo e che allora viveva la sua epoca d’oro: oltre a Belushi e Aykroyd in quella stagione nel cast fisso c’erano anche Chevy Chase e Bill Murray, l’orchestra era quella di Paul Shaffer.
Visto il successo (non immediato) dei due personaggi, si pensò di trasformarli nei protagonisti di un film che metteva insieme la sfrenata passione per la Stax, il blues di Chicago e la musica black con l’umorismo sfrenato e corrosivo del Saturday Night Live.
Ne è venuto fuori un capolavoro. L’anno scorso il grande Blue Lou Marini, il sassofonista che suona sul bancone del locale di Aretha Franklin e Matt Guitar Murphy (ma in carriera ha suonato con il Gotha del jazz e della musica americana) ha ricordato con grande sense of humour il caos che regnava sul set e i tagli feroci imposti dalla produzione.
L’idea geniale di abbinare le avventure e le performance dei due fratelli Blues a quelle di leggende come James Brown, Aretha, Ray Charles, Cab Calloway, John Lee Hooker (suona Boom Boom su un muretto, all’uscita dal negozio di Ray Charles ed è l’unico che non ha concesso i diritti del suo brano per la colonna sonora), infilando nel cast Carrie Fisher (la moglie abbandonata di Jake Blues ma allora compagna di Belushi), Twiggy e persino Steven Spielberg (è l’impiegato delle poste cui i due fratelli consegnano i soldi per salvare l’orfanotrofio) è sicuramente alla base del mito.
The Blues Brothers è una strepitosa combinazione di un umorismo dall’irresistibile carica innovativa (che colpiva al cuore la società che si preparava agli anni ’80 degli yuppie) e di una musica che resta uno dei patrimoni più preziosi della cultura americana del ‘900. E’anche per questo che continuiamo ad amare i fratelli in missione per conto di Dio.
Paolo Biamonte
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