Il Trono di Sangue (1957)

Aggiornato il Giugno 28, 2012 da Il Guru dei Film

Il Trono di Sangue (1957)Akira Kurosawa adatta il Macbeth di Shakespeare nel Giappone medioevale.

Uno spirito della foresta profetizza al condottiero Washizu un’ascesa al potere che sarà fermata solo da un evento eccezionale: l’uomo perderà tutto solo quando la foresta avanzerà verso il suo castello. Washimizu conquista in breve tempo posizioni di prestigio e, consigliato dalla moglie, ordisce una serie di delitti per raggiungere lo scalino più alto del comando, il traguardo è raggiunto ma i sensi di colpa e strani accadimenti cominciano a minare l’equilibrio mentale del potente signore.

Uno dei più grandi film diretti da Akira Kurosawa, concepito nel periodo tra “I Sette Samurai” (1954) e “La Fortezza Nascosta” (1958), ancora una volta ambientato nel mondo violento dei guerrieri-samurai per una storia concentrica come una ragnatela che imprigiona i suoi protagonisti in una rete di sgomento e solitudine, e non è un caso dato che il titolo originale suona come “Il Castello della Ragnatela”. La ricerca del potere e l’affermazione personale sono al centro di un dramma ispirato a Shakespeare che viene assorbito con indolore maestria nel contesto medioevale giapponese, una vicenda resa universale da Akira Kurosawa, che cura anche la sceneggiatura, per una raffigurazione immaginifica in bianco e nero a risaltare uno stato mentale quasi metafisico, sospeso tra nebbie perenni e allucinazioni, riportato alla realtà dal sangue delle vittime e il precipitare degli eventi.

Il Trono di Sangue (1957)

Il formidabile Toshiro Mifune è Washizu (Macbeth), l’attore preferito di Akira si produce nella leggendaria interpretazione dell’uomo guidato dalla sete di potere con le ultime incertezze spazzate via dalla perfida moglie-consigliera, interpretata da Isuzu Yamada (La Sfida del Samurai), a riguardo gli incontri tra i due sposi sono di eccezionale meraviglia e ispirati al teatro giapponese, chiusi nelle stanze riservate del castello, in una dimostrazione di potere, questa volta subdolo, che il protagonista subisce trascinato verso la malvagità nel miraggio della conquista. Premiato per il valore in battaglia Washizu viene insignito del comando di un forte, il guerriero tradisce il suo padrone nel sonno per occuparne il posto, le mani imbrattate di sangue macchiano per sempre la sua anima mentre le stanze del castello sono testimoni dell’ennesimo tributo di morte al punto che interi ambienti rimangono carichi del suo olezzo (la stanza schizzata di sangue, impossibile da cancellare).

Kurosawa predispone diverse sequenze in esterni a dir poco suggestive, Washizu si imbatte nella foresta labirinto con uno spirito-donna, la parca, l’essere che conosce il destino degli uomini, la tradizione dei fantasmi orientali (giapponesi) si sublima in uno degli incontri più memorabili mai realizzati senza ricorrere a particolari elementi fantastici se non la forza-evocazione delle parole, la nebbia che sembra permeare ogni cosa rafforza lo spaesamento del protagonista accompagnato dall’amico-rivale Miki, la cavalcata nella nebbia in cerca del castello è il punto di non ritorno verso la strada della dannazione, poco dopo i fatti anticipati dallo spirito si avverano con puntuale precisione.

Washizu conosce la profezia della foresta che avanza verso il castello ma la ritiene impossibile e quindi priva di considerazione, quando verso il finale le truppe ribelli organizzano le forze per sferrare l’attacco, accade l’impensabile, splendido l’avanzare di un esercito mimetizzato dai rami della foresta avvolto nella bruma, il condottiero ora è solo contro tutti, stritolato dalla paura, tutta la sequenza finale raggiunge picchi di drammaticità operistica difficilmente eguagliabile, Toshiro Mifune resta per sempre scolpito nel cuore di ogni amante del cinema mentre il sibilo delle frecce piomba terrificante a reclamare la disfatta di coloro che hanno abbracciato la malvagità come compagna. Tra le curiosità: le armature dei guerrieri hanno, di sicuro, ispirato l’animazione robotica nipponica (Daitarn 3, Zambot 3, Goldrake, ecc.) con i loro elmi muniti di corna e mezze-lune, non è un mistero che George Lucas ha attinto in ogni modo dai film di Kurosawa, gli stessi Lord Fener/Darth vader e le fidate sturmtroopers di Guerre Stellari ricordano nei paramenti i soldati del film. Elegante e di un pessimismo devastante, uno dei capolavori definitivi di Akira Kurosawa.

Titolo Originale: “Kumonoso-jo”
Paese: Giappone
Rating: 10/10