La Principessa e il Ranocchio – Quel buon vecchio sapore di cartone animato

Aggiornato il Dicembre 17, 2009 da Il Guru dei Film

Film: La Principessas e il Ranocchio

La Disney torna a proporre un film in 2D disegnato a mano con un progetto voluto da John Lasseter e che racconta una storia ambientata nella New Orleans degli anni ’20 in cui quasi tutti i personaggi sono afro americani.

 

La principessa e il Ranocchio segna il ritorno della Disney al cartone animato classico in 2D, disegnato a mano. A volere questo progetto e a spingere perché gli studios tornassero al loro passato glorioso è stato John Lasseter, nuovo boss della Disney dopo che quest’ultima aveva acquistato la Pixar, la factory che proprio grazie a Lasseter ha di fatto fondato il cartoon digitale.

Da grande appassionato del genere, anche lui è cresciuto guardando i classici Disney e non sorprende che abbia voluto produrre un cartone animato disegnato, ideato e montato secondo schemi e ritmi tradizionali. Non è difficile immaginare che fosse ben consapevole del fatto che alla fine l’effetto ottenuto è sorprendente per contrasto, perché di fronte ai ritmi indiavolati del digitale, agli effetti del 3D, la morbidezza dell’animazione, il racconto disteso, i proverbiali dettagli dell’ambientazione risultano nuovi, affascinanti perché diversi.

La Principessa e il Ranocchio è il primo cartoon della Disney, dal 1946 (Song of the South) ad avere personaggi afro americani il che, nell’ era di Obama, non è certo sorprendente. La storia è ambientata a New Orleans all’inizio degli anni ’20 del secolo scorso – i roarin’ twenties – l’epoca d’oro del jazz classico, quando la città sul Mississippi era la culla del jazz dove, tra Congo Square e Storyville, il quartiere dei bordelli, suonava gente come Louis Armstrong, King Oliver, Jelly Roll Morton. E il jazz è la spina dorsale della colonna sonora firmata da Randy Newman.

Film: La Principessa e il Ranocchio

Tutti i personaggi sono black, tranne il principe Naveen, il cui ceppo etnico è indefinibile, e il ricco Big Daddy. E’ afro americana Tiana, la principessa che poi in realtà è una ragazza figlia di una sarta e del proprietario di un ristorante che va in guerra e non torna più. Tiana diventa una giovane donna determinata a coronare il suo sogno che è avere un ristorante tutto suo dove poter proprorre ai clienti il gumbo (il piatto nazionale della cucina di New Orleans) che era la specialità del suo papà. Cosa succede? Che in città arriva il principe Naveen, un uomo charmant come pochi che se la gode fin troppo perché, finito in compagnia del cattivo, il medico vodoo (un’altra delle offerte di New Orleans) Dr. Facilier, si trasforma in un ranocchio. Cosa racconta la favola del principe e della rana? Che solo grazie al bacio di una principessa il principe riacquisterà le sue sembianze umane. Cosa succede qui? Che, nonostante la sua ritrosia a baciare animali anfibi, Tania bacia il principe e si ritrova trasformata in ranocchio pure lei. Così la coppia va a vivere nel bajou (la zona paludosa che è la patria della musica cajoun e zydeco, degli alligatori e del vodoo). Naturalmente in piena tradizione Disney le due rane continuano a comportarsi come uomini e i loro migliori amici diventano Ray la lucciola e l’alligatore Louis, che ama il jazz e suona il sax. Per uscire dall’empasse, dovranno trovare Mama Odie, l’unica che ha i poteri per sconfiggere la maledizione di Dr, Facilier. Non vi diciamo come va a finire ma non ci vuole una grande immaginazione per capirlo.

Che altro dire? Che poche città offrono spunti divertenti e pieni di magia come la New Orleans degli anni ’20, che il jazz e dintorni riletto da Randy Newman (anche se manca la super canzone) è un tocco di classe, che l’idea di una fiaba al contrario in chiave black è un’idea vincente e che con questo film, grazie a John Lasseter, il papà del cartoon digitale, il pubblico riscoprirà il piacere del buon vecchio cartone animato della Disney. Che non è poco.

Paolo Biamonte