Il film di Abdellatif Kechiche che ha vinto la Palma d’Oro al festival di Cannes racconta senza trascurare alcun dettaglio l’amore tra due giovani donne interpretate dalle talentuosissime Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux.
La Vita di Adele ha vinto l’ultimo Festival di Cannes, guadagnandosi le robuste lodi del presidente della Giuria Steven Spielberg e, a festival ormai archiviato da tempo, ha goduto della pubblicità derivata dalle riserve espresse dalla due giovani protagoniste, le talentuosissime Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux, nei confronti del regista Abdellatif Kechiche, dopo Cous Cous e Venere nera uno degli autori star del cinema francese, accusato sostanzialmente di brutalità nei confronti delle sue interpreti portate allo sfinimento psicologico e fisico.
Qualcosa che ricorda, come è stato giustamente notato, il rapporto tra Maria Schneider e Bernardo Bertolucci sul set di Ultimo Tango a Parigi ma anche i rapporti con il cast di Lars Von Trier.
Come si sa questo genere di polemiche è musica per gli uffici stampa e le produzioni.
Ispirato al graphic novel di Julie Maroh, Il Blu è un Colore Caldo (forse è per questo che il blu abbonda nelle inquadrature), La Vita di Adele l’educazione erotico sentimentale di una liceale che scopre l’amore e il sesso grazie alla relazione omosessuale con una ragazza di qualche anno più grande.
Non è solo l’anagrafe a segnare la differenza tra le due: Adele viene da una famiglia modesta dove si mangiano spaghetti e si beve vino di scarsa qualità, ama la letteratura, va ai cortei e tenta anche di avere una storia con un coetaneo.
Emma studia Belle Arti, vive in una famiglia colta e di mentalità progressista dove si mangiano ostriche e si beve vino raffinato.
L’incontro di Adele con Emma, che ha i capelli blu, è una folgorazione: le due si abbandonano ai piaceri del sesso e finiscono per vivere insieme.&
Grazie a un salto temporale le ritroviamo più grandi: Adele è diventata maestra d’asilo, Emma una pittrice affermata.
Le differenze tra le due sembrano essersi acuite: di fatto Adele è la massaia, cucina, lava i piatti, non si sente rispettata e finisce per accettare la corte di un collega. Emma, che nel frattempo ha una storia con un’altra la caccia di casa.
Quando qualche anno dopo si rincontreranno, scopriranno che l’attrrazione è rimasta ma la magia è perduta, “the thrill is gone” come direbbe B.B. King.
E’ inutile girarci attorno. Prima ancora che per le qualità indiscutibili della regia di Kechiche, La Vita di Adele ha fatto e fa parlare per il modo esplicito in cui è raccontato il sesso tra donne (tra l’altro una è quindicenne), con sequenze lunghe e dettagliatissime.
Il regista ha insistito sui contenuti di denuncia, (il confronto tra le classi sociali delle due protagoniste) e ha giustificato i suoi eccessi nei confronti delle interpreti con il consueto bisogno di portare gli attori oltre ogni limite.
La Vita di Adele dura tre ore ed è tecnicamente molto raffinato, grazie anche all’abitudine di Kechiche di utilizzare più camere per le riprese per poi assemblare i vari punti di vista in montaggio.
Paolo Biamonte
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