Aggiornato il Ottobre 8, 2014 da Il Guru dei Film
Il primo capitolo di un franchise ispirato alla saga di James Dashner. L’astro nascente Dylan O’Brien nel ruolo del leader di un gruppo di ragazzi che vivono in un misterioso prato circondato da mura alte 25 metri … …
Insieme a quello dei super eroi dei fumetti, in questo momento per il cinema hollywoodiano ad alto budget il filone più sfruttato è quello delle saghe per il pubblico etichettato come YA (Young Adult) che, con tutte le limitazioni delle etichette che dovrebbero riassumere categorie sociologiche, dovrebbe rappresentare una fascia di età compresa dai 14 ai 25 anni.
Maze Runner – Il Labirinto è dunque il primo capitolo di un nuovo franchise tratto dalla saga di James Dashner e già sono previsti almeno altri due capitoli (non è difficile immaginare che se le cose andanno bene l’ultimo sarà diviso in due).
Questa sovrabbondante produzione ha trasformato il significato dell’espressione futuro distopico: una volta era una definizione presa a prestito dalla critica letteraria riservata ai grandi creatori di fantascienza, oggi è diventata un concetto di uso comune nelle sinossi e nei codici emotivi YA.
Il che non toglie la sensazione che il presente che stiamo vivendo potrebbe appartenere alla fantascienza distopica.
Comunque nell’immancabile futuro che è il contrario dell’utopia, un gruppo di ragazzi si ritrova a convivere in un prato circondato da mura alte 25 metri.
Al di là del muro c’è un universo di incubi e paure e pericoli abitato da creature che tanto per non farsi mancare niente si chiamano Dolenti.
Tra il gruppo di ragazzi che vivono nella comunità circondata dai muri, c’è però Thomas, interpretato dall’astro nascente Dylan O’Brien, che grazie al ruolo in Teen Wolf ha già conquistato il cuore delle YA ai quattro angoli del mondo.
Thomas è un leader nato, è lui la chiave di volta per cercare di svelare il mistero del labirinto, il personaggio che sollecita le risposte alle domande del film che naturalmente troveranno risposta definitiva nei prossimi episodi.
Non c’è bisogno del futuro distopico per capire che per scavalcare muri alti 25 metri che separano una vita sicura ma claustrofobica dall’incertezza del mondo non bastano le due ore di un film.
Paolo Biamonte
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