Aggiornato il Gennaio 28, 2014 da Il Guru dei Film
Dalla Hong Kong degli anni d’oro il gangster-movie magistrale di Patrick Tam.
Rick frequenta il bar della bella Lap di cui è invaghito, la ragazza è indispettita dai modi da bullo di Rick ma in fondo è attratta dal bel giovanotto. Il padre di Lap, ex membro delle triadi, convince Rick a fargli da autista per un’operazione losca sul confine, si tratta di fare giungere a Hong Kong un clandestino con l’aiuto di un poliziotto corrotto.
Le cose precipitano quando il poliziotto scopre che il ragazzo da scortare è il figlio di un boss, l’uomo cerca di cavarne un compenso maggiore ma nella colluttazione che ne segue uccide il giovane e, a sua volta, cade ucciso colpito da Rick intervenuto per salvare il padre di Lap. Rick e il vecchio tornano in città con l’intenzione di lasciare il paese ma …
Il tempo è galantuomo si dice, sarà ma per Patrick Tam i giusti riconoscimenti non sono mai arrivati. Stiamo parlando di un regista fondamentale della Hong Kong degli anni 80 e della cosiddetta new wave formata insieme a gente del calibro di Tsui Hark, Wong Kar Wai, John Woo, Ching Siu Tung, ecc. Per gli illustri colleghi è arrivata la fama mondiale, Patrick Tam invece rimane defilato, poco visto dagli stessi cultori del genere. Tam paga la scarsa visibilità ma anche il non facile smercio delle sue opere, troppo sperimentali forse per il grosso pubblico, troppo dark e schive, proprio come il clamoroso “My Heart is That Eternal Rose”. Il regista rilascia il film nel 1988, in piena era “Heroic bloodsheed”, in anticipo di un anno sul “The Killer” di John Woo, film che non si può non citare visto le numerose similitudini. Ebbene si, il capolavoro assoluto di Woo ha attinto più di un elemento dall’opera di Tam e non viceversa, se questo sembra poco. Il paragone inevitabile viene però eluso dagli stili differenti degli autori: John Woo ha un lirismo coreografico e di infiammabile passione inarrivabile, Tam tende a essere più astratto e vicino a un altro grande collega del periodo, quel Wong Kar Wai che di li a poco sarebbe divenuto incarnazione stessa del cinema di Hong Kong.
Patrick Tam esordisce alla regia con il folgorante “The Sword” (1980), in pratica apre la strada ai wuxiapian moderni di Ching Siu Tung e Tsui Hark degli anni 80, uno swordplay con una tecnica di regia allucinante e di montaggio d’avanguardia. Tam infatti è anche un montatore di professione e di classe, suoi gli editing di “Days of Being wild” , “Ashes of Time” di Wong Kar Wai, ed “Election” di Johnnie To. Nel 1982 con “Nomad”, la storia di un gruppo di giovani che tenta di ricomporre e dare un senso alla vita, gli viene riconosciuta la qualifica di autore, alcuni elementi del film si ritrovano in “My Heart is That Eternal Rose” del 1988, i cui protagonisti sono giovani catapultati in un mondo infernale e violento. Hong Kong e i locali notturni, spietati uomini delle triadi, una donna in pericolo da salvare, sono aspetti che si ritroveranno (potenziati) in “The Killer” che non manca di riprendere anche l’intermezzo canoro della protagonista femminile, qui una bellissima Joey Wang (Lap), nel film di Woo è Sally Yeh, per non parlare del finale innaffiato di pallottole e sangue. Tam converge in maggiore misura sulla tensione romantica dei due protagonisti, Rick (Kenny Bee) attende sei anni per rivedere la bella Lap, la quale si è sacrificata cedendo alle attenzioni di un boss per salvare il padre ma non ha mai dimenticato l’amore per il ragazzo. Lunghi addii su moli desolati e confronti sofferti, sono lo scherzo di un destino beffardo che Patrick Tam ritrae nella scena dell’incontro casuale dei due giovani, dopo anni, e dopo essersi sfiorati senza vedersi poche ore prima.
La forza di “My Heart is That Eternal Rose” è la tensione di ogni fotogramma, Tam riprende l’incontro degli amanti con la stessa intensità delle esplosioni di violenza, che non mancano, brutali e raggelanti, i ralenti enfatizzano momenti che sembrano dilatarsi all’infinito per restare impressi come segnali subliminali, è solo una sensazione, visto che l’azione è veloce e dagli effetti spietati: il bellissimo shootout finale con uno dei migliori double gun del cinema di Hong Kong.
Joey Wang è di una bellezza miracolosa, l’attrice l’anno prima fa perdere la testa a Leslie Cheung nel celebre “Storia di Fantasmi Cinesi” (1987), la bella Lap che vuole fuggire con Rick, il cantante locale Kenny Bee attivissimo come attore (oltre 100 film!), la ragazza è seguita da un uomo della triade che ne subisce il fascino, a interpretarlo la futura superstar Tony Leung (Hardboiled, In the mood for Love, The Grandmaster), ai tempi 26enne. Il personaggio di Tony Leung fa volare alto il film e moltiplica la componente emozionale del triangolo protagonista formato con Rick e Lap, insieme dovranno affrontare le ire di un boss criminale che li vuole morti. In una piccola parte si riconosce Gordon Liu (La 36^ camera dello Shaolin, Kill Bill), questa volta senza dare sfoggio di arti marziali.
“My Heart is That Eternal Rose” non riesce a capitalizzare la sua disperata bellezza, Patrick Tam comincia a spostarsi dietro le quinte come montatore e si concede un’ultima regia nel 2006, il film riesce però a emanare un’aura di culto tra i critici (soprattutto) e negli appassionati più curiosi, un titolo che non manca mai quando si rievocano i fasti del filone action chiamato genericamente “Heroic Bloodshed”, di cui è uno dei più riusciti esempi. In Italia non è mai stato distribuito ma questo appare scontato. Il titolo è da ricondurre al romanticismo della vicenda e a un’inquadratura su un bouquet di rose carica di presagi. Eccezionale.
Tit. Originale: My Heart is That Eternal Rose (Intern.)
Paese: Hong Kong
Rating: 9/10