Aggiornato il Novembre 12, 2009 da Il Guru dei Film
Gli Stati Uniti degli anni 30, la grande depressione e il bandito più pericoloso in circolazione: John Dillinger. Il grande regista Michael Mann rievoca a suo modo una violenta e romantica storia americana.
Stati Uniti, 1933. La banda di fuorilegge guidata da John Dillinger mette a segno una lunga serie di rapine, le autorità corrono ai ripari istituendo un reparto speciale in grado di fermare l’ondata criminale. L’agente Melvin Purvis viene scelto per dare la caccia alla banda Dillinger, inizia una lunga rincorsa piena di sparatorie e morti ammazzati condotta con metodi scientifici e brutali. Al culmine delle sue scorribande John Dillinger incontra l’amore della giovane Billie Frechette, il loro sogno è quello di fuggire lontano in un posto sicuro.
Resiste il luogo comune che vuole la maggior parte dei film d’azione privi di una sceneggiatura solida e personaggi convincenti, anche il magnifico "Nemico pubblico" viene sfiorato da questa accusa per la sua continua propensione alle sparatorie e inseguimenti a discapito di chissà quali approfondimenti psicologici: il nuovo film di Michael Mann è un fiero action movie che non da un attimo di tregua, dal prologo all’interno di un carcere sino alla dolorosa e risaputa conclusione. Il fatto di trattare un argomento "banale" come l’ascesa e la caduta di un gangster, in questo caso "Il" gangster per antonomasia John Dillinger, affrontato in passato decine di volte non fa altro che accrescere l’ammirazione per un regista che riesce a rinnovare la magia del cinema con una messa in scena e un coinvolgimento unici e inimitabili.
"Nemico pubblico" catapulta da subito lo spettatore al fianco dei protagonisti, le telecamere seguono John Dillinger e i suoi compari a distanze talmente ravvicinate da sembrare di andarci a sbattere contro, cosa che ovviamente non avviene mai, un effetto dovuto anche alla profondità realistica e stupefacente delle riprese in digitale e alla formidabile fotografia di Dante Spinotti. L’immersione nel mondo dei primi anni 30 americani depressi dalla crisi del 1929 è totale, in successione arrivano un’evasione in un penitenziario e una rapina in banca, non servono tanti dialoghi per intuire i caratteri dei personaggi, basta un’azione o uno sguardo per conferire la dimensione di John Dillinger, Baby Face Nelson e Pretty Boy Floyd. Non tutti i registi riescono in questo, certo, Michael Mann resta uno dei pochi a farlo al giorno d’oggi, nel passato si possono scomodare i grandissimi Sergio Leone e Chang Cheh. L’inserimento del commento sonoro adeguato, in questo caso lo splendido main-theme "Ten Milions Slaves" di Otis Taylor, pensa a restituire l’epicità necessaria.