Aggiornato il Aprile 18, 2013 da Il Guru dei Film
Il kolossal post-apocalittico con Tom Cruise.
2077, a seguito di un’invasione aliena la Terra è ridotta a una landa desertica, sconvolta dai furiosi fenomeni climatici provocati dalla distruzione della Luna. La vittoria dell’umanità sugli alieni è stata pagata a caro prezzo: il pianeta è perduto e i sopravvissuti sono emigrati sul satellite Titano.
Solo Jack Harper e Victoria sono rimasti, il loro compito è di sorvegliare, con l’aiuto di sofisticati droni, delle enormi trivelle che creano l’energia necessaria per le colonie spaziali. Nei dintorni, nascosti come topi, gli Scavengers, i nemici alieni, sferrano attacchi di sabotaggio ai danni delle trivelle e alle ultime postazioni umane. Jack svolge il suo lavoro con efficienza ma alcuni sogni ricorrenti lo tormentano, sono sensazioni reali collegate al passato prima della cancellazione della memoria.
Il secondo film di Kosinski dimostra l’incredibile capacità del regista di ricreare mondi futuribili sconfinati e realistici ma inciampa, nonostante una storia non troppo difficile da seguire, in diverse esagerazioni di sceneggiatura, non sempre brillanti. Insomma più o meno come nel pregevole esordio di “Tron Legacy”. Kosinski ha davanti una carriera intera per mettere a fuoco uno stile già ben riconoscibile, basato su scenari giganteschi contaminati da una tecnologia elegante e funzionale, a riflettere l’estetica minimal e di stupefacente bellezza di “Oblivion”. Il film, prima di ogni cosa, è un piacere per gli occhi, ogni immagine è un quadro che mozza il fiato per i dettagli e la fotografia di Claudio Miranda (Vita di Pi), anche quando l’inquadratura scruta scenari naturali (l’incredibile vista aerea/satellitare di una lingua di terra lambita dalla acque). La vicenda si insinua senza la voglia di svelare troppo, vengono disseminati degli indizi, come nei primi secondi inerenti dei flash-back dell’incontro di una coppia nelle strade di New York, prima della catastrofe planetaria.
Il regista Kosinski si affida alla presenza ingombrante della superstar Tom Cruise, il protagonista indiscusso, di solito a suo agio nei pochi film di fantascienza interpretati (Minority Report, La Guerra dei Mondi). L’attore imperversa in (quasi) in ogni inquadratura, anche per il solo fatto che il cast principale è ridotto a poche unità, il personaggio di Jack Harper è ben concepito nel suo stato psichico pieno di dubbi e allucinazioni (?), perso in una vita all’apparenza monotona in una Terra disabitata in cui terremoti e inondazioni hanno sepolto quasi ogni costruzione umana del passato. “Oblivion” si apre a scorci post-apocalittici affascinanti per senso avvilente di desolazione, come le (poche) rovine di Washington e di New York, la East Coast americana è la zona privilegiata nelle ricognizioni di Jack.
I riferimenti a celebri opere del passato come “2001 Odissea Nello Spazio”, “Matrix”, “Il Pianeta delle Scimmie”, ecc. si possono cogliere nel corso della visione, non si può nascondere come “Oblivion” sia molto derivativo in numerose situazioni, si può aggiungere alla lista anche “Guerre Stellari” per le belle sequenze di inseguimento tra velivoli, strette nei tortuosi canyon solcati a enorme velocità. L’oblio a cui si riferisce il titolo rimanda ai valori persi nel passato, alle emozioni semplici, quelle da cui Jack è attratto senza una vera spiegazione e che tenta di elaborare in una sorta di “luogo segreto” e privato: un’oasi di verde strappata all’olocausto nascosta in una valle fuori dai rivelatori radar. Kosinski nel precedente “Tron Legacy” comunicava la nostalgia di un’epoca circoscritta, quella degli anni 80, qui il senso di perdita è maggiore e implica l’intero percorso umano, scomparso, perduto e simboleggiato dalla libreria pubblica di New York sotterrata e (quasi) irriconoscibile, una clamorosa location utilizzata per una delle scene di maggiore tensione. In altri casi basta un semplice disco rock (vinile, dei Led Zeppelin) a trasmettere brandelli di vita sfuggita. Per rimanere sul tema sonoro da rimarcare la bellissima colonna sonora elettronica dai toni struggenti degli M83, a scandire tutta la pellicola con diversi picchi epici.
Nell’atmosfera terrestre orbita la gigantesca e misteriosa struttura Tet, dall’enorme postazione giungono le direttive di Sally (Melissa Leo) per la squadra formata da Jack e la sua aiutante di supporto Victoria (Andrea Risenborough), tra i due esiste una relazione sessuale-sentimentale immortalata da raffinate sequenze di (tecno)romanticismo, tra le mure della incredibile abitazione hi-tech situata ad un’altezza vertiginosa. Il rapporto di coppia viene incrinato con l’arrivo della superstite interpretata dalla bella Olga Kurylenko, la ragazza protagonista dei sogni di Jack, intanto i nemici Scavengers hanno maturato una nuova tattica per colpire gli ultimi umani. Al personaggio importante di Morgan Freeman sono legati gli sviluppi della seconda parte, piena di colpi di scena, alcuni prevedibili, altri meno per via delle acrobazie di sceneggiatura. Impossibile non menzionare i droni volanti assassini al centro di numerose sequenze d’azione, contrassegnati da sigle, quasi da considerare come dei veri personaggi della storia. Il finale imponente riporta alle scenografie dark oppressive del precedente “Tron Legacy”. “Oblivion” supera il 90% dei film di fantascienza usciti negli ultimi 5 anni, il voto però è trattenuto in quanto da Kosisnki, nonostante sia solo al secondo film, si pretende sempre il massimo.
Titolo Orignale: “Oblivion”
Paese: USA
Rating: 7/10