Aggiornato il Settembre 20, 2012 da Il Guru dei Film
L’esoterico prequel di Alien diretto da Ridley Scott. I membri dell’equipaggio dell’astronave Prometheus si risvegliano nei pressi di un lontano pianeta per compiere una delicata missione: esplorare il punto indicato da una mappa stellare trovata sulla Terra …
la traccia d’origine di una civiltà aliena che ha favorito la nascita dell’umanità. Gli uomini guidati dal comandante Vickers scoprono un gigantesco sito artificiale all’apparenza abbandonato.
Il ritorno alla fantascienza di Sir Ridley Scott coincide con il confronto con uno dei suoi film più celebri, il leggendario “Alien” (1979), di cui Prometheus dovrebbe rappresentare il prequel; in realtà la faccenda è molto più complessa, per lo sconforto di molti che non riescono a riconoscere i segni distintivi di una serie entrata nell’immaginario comune (magnificata anche da Cameron con il memorabile “Aliens Scontro Finale”), nel solco di un’elaborazione del materiale originale che ha fatto, e farà, discutere per molto tempo, una scelta di sicuro coraggiosa, del resto non inserire il termine “Alien” nel titolo la dice lunga. Ridley Scott, all’alba dei 75 anni suonati, lascia da parte per una volta i soliti e remunerativi blockbuster degli ultimi lustri (da “Il Gladiatore”, “Le Crociate” a “Robin Hood”) e imbastisce un film oscuro e misterioso, probabilmente il più ambizioso in carriera, per certi versi anche quello più rischioso. Prometheus, lungi da essere un capolavoro, riesce però nell’intento che ogni regista aspira più di ogni altra cosa: il film resta dentro, ritorna nei pensieri, anche con le sue imperfezioni la mente trattiene immagini da un mondo nero ai confini dell’universo.
Il prologo racchiude la natura misterica di Prometheus: dopo una serie di inquadrature panoramiche mozzafiato di un pianeta (che si presume la Terra), uno strano essere umanoide, nei pressi di una poderosa cascata resa ancora più minacciosa da una fotografia plumbea e primordiale, ingerisce un misterioso liquido nero che scatena all’interno del suo corpo una liquefazione dei tessuti, un processo ripreso sin nei minimi dettagli a svelare la composizione genetica a forma elicoidale della sostanza, simile a quella del DNA umano. Prometheus affronta concetti più ampi quindi, come l’origine della vita, la posizione dell’umanità nell’universo, la possibilità di nuove civiltà, apre verso nuovi scenari inconcepibili sprofondati nello spazio remoto, un’opera di grande respiro che utilizza la struttura del primo “Alien”, gli eventi e le scansioni sono in pratica identici, anche i personaggi della Prometheus sono speculari a quelli della Nostromo del primo film, per infondere una differente prospettiva verso una mitologia di cui Alien, e qui molti storcono il naso, è solo una conseguenza incidentale. La sceneggiatura di John Spaits, rimaneggiata da Damon Lindelof (una delle menti grigie di Lost), è abile in questo senso ma presta al fianco al momento di tratteggiare i protagonisti, il migliore del lotto è l’androide David di Fassbender, lascia aperto più di un quesito e rivela quelle che possono sembrare incongruenze. In Prometheus non tutto fila per il verso giusto, la tensione al cardiopalma dei primi 2 film della serie è molto lontana, ma questo è anche dovuto alla primaria creazione di un’atmosfera di minaccia incombente, agevolata dai ricchissimi set dal design bio-meccanico, ormai marchio di fabbrica della saga firmata Giger, che ritraggono anche gli iper-tecnologici interni della astronave.
In Prometheus emergono le figure degli “Ingegneri”, una razza aliena sorta di precursore dell’umanità, esseri giganti dalle sembianze umane maschili le cui gesta rimangono criptiche e inspiegabili, il comparto make up eccezionale della produzione li rende inquietanti e investiti di un’aurea quasi “sacrale”, i depositari di esperimenti biogenetici oscuri e procreatori di nuovi mondi. L’equipaggio della Prometheus mette in evidenza la glaciale Charlize Theron, il capo-vascello Vickers, rigida nell’esecuzione dei comandi, la vera protagonista è però l’archeologa Elizabeth Swah di Noomi Rapace, nella scia della Ripley di Sigourney Weaver, protagonista almeno di una scena memorabile (da panico il momento “chirurgico” all’interno della capsula medica: non lo dimenticherete per molto tempo), il più convincente rimane il David di Fassbender, l’androide che si riflette nel Lawrence D’Arabia di David Lean che ama guardare nel silenzio del viaggio siderale della Prometheus e al centro di alcune delle sequenze più suggestive, come l’esplorazione solitaria all’interno della struttura aliena che rivela incredibili mappe olografiche. Da segnalare il gustoso cameo di Guy Pearce.
Non mancano sequenze riconducibili al versante horror, corpi attaccati da infezioni aliene e “animali” striscianti, chi si aspetta le tipiche presenze xenoformi della saga però rimarrà deluso, non vi sono le creature sibilanti piene di bava che tutti ormai riconoscono come i più letali alieni della storia del cinema, per lo meno si deve attendere una rivelazione nel corso del film. Prometheus ha in serbo comunque un momento topico degno delle più virulente visioni di Lovecraft, paragonabile per impatto a La Cosa di John Carpenter, uno scontro tra mostri tentacolari impressionante grazie a effetti speciali (CGI) spettacolari e valorizzati dalla tecnica del 3D, la nuova frontiera sposata senza esitazioni da Scott.
Possiamo continuare a considerare il primo film del 1979 un capolavoro, quale è senza dubbio alcuno, ma Prometheus da ora in avanti si pone come il vero snodo cruciale di un’intera saga, e solo il regista del film originale poteva compiere un tale atto. Dato l’eccellente riscontro commerciale è già stato annunciato un sequel, visto i nodi irrisolti è più che opportuno. Imperfetto ma affascinante come pochi.
Titolo Originale: “Prometheus”
Paese: USA/Inghilterra
Rating: 8/10