Sex and Fury (1973)

Aggiornato il Gennaio 13, 2015 da Il Guru dei Film

Un classico del Pinky Violence giapponese anni 70.
Primi anni del 900, La giovane e bella Ocho ha un solo scopo da raggiungere: vendicarsi degli uomini che 20 anni prima hanno ucciso suo padre …

La ragazza ha pochi indizi che la possono aiutare nella ricerca dei colpevoli, delle carte lasciate dal padre che indicano tre diversi animali: un cervo, un cinghiale e una farfalla. Nel frattempo, seguendo le tracce di una giovane sfruttata, Ocho giunge in un quartiere di Tokyo gestito da una potente organizzazione criminale che mira a espandersi in tutto il paese.

Uscito circa un anno prima del più celebre Lady Snowblood, Sex and Fury anticipa molti elementi del film con Meiko Kaji,  come la presenza di una protagonista femminile forte e la violenza, vi è più un’attrazione per la vena sexploitation rispetto al mondo delle arti marziali ma il cerchio di influenze sembra chiudersi visto che il personaggio principale di Reiko Ike,  a sua volta, è ricalcato con poche varianti sull’eroina del manga originale di Lady Snowblood . Il corpo e la bellezza femminili sono usati come arma, non c’è spazio per sentimentalismi ma solo di feroci vendette da affogare nel sangue. L’emancipazione delle donne dei primi anni 70 passa anche da queste opere, discutibili per audacia e scabrosità, ma per la prima volta libere di mostrare situazioni mai viste prima, estreme, molto realistiche e crude. Sex and Fury rientra più nel filone erotico dei softcore, i nudi sono parecchi e le scene spinte anche, ma la regia si guarda bene dal mostrare i genitali degli attori, quello del cinema porno del resto è (era) un’altra storia che proprio in quegli anni comincia a esplodere inarrestabile.

Reiko Ike è la bellissima protagonista Ocho Inoshita di Sex and Fury, una ragazza svezzata da una vita difficile passata nelle strade in cui diviene un’abile borseggiatrice e giocatrice d’azzardo, una dura con un viso d’angelo. L’attrice, ai tempi appena 20enne, nella vita reale ha subito degli arresti per questioni di droga e gioco d’azzardo. Insomma la ragazza non ha difficoltà a calarsi in una parte che le calza a pennello, disinibita nelle scene di nudo che hanno il culmine nel combattimento sotto la neve contro un gruppo di yakuza: Ocho/Reiko è senza veli armata di una katana, i seni le sobbalzano  in una danza di morte ripresa al ralenti, una furia lanciata verso avversari squarciati da sanguinosi fendenti, intanto una musica suadente e calda si diffonde per una sequenza d’antologia delle arti marziali anni 70. Sex and Fury si mescola nel torbido dei giochi di politica, potere e sfruttamento della prostituzione, la sceneggiatura si permette quindi di inserire personaggi forse non troppo credibili ma divertenti come il rivoluzionario Shunosuke (Tadashi Naruse) e la spia, per conto di interessi inglesi, interpretata dalla sexy Christina Lindberg.

L’attrice svedese Lindberg aumenta il tasso di erotismo, da poco alla ribalta con un pugno di film, tra i quali il super cult “Thriller: they call her one eye” (1973), diviene uno dei corpi più ricordati del periodo. Dal volto innocente e forme morbide prorompenti, la Lindberg è negata nella recitazione, cosa che si può constatare anche in Sex and Fury, ma dalla presenza magnetica e suadente, una vera bellezza capace di fare sognare gli uomini, come capita all’idealista e istintivo Shonosuke, tra i due nasce un’improbabile storia d’amore che infittisce una sotto-trama riconducibile a un gruppo di avidi uomini influenti, gli stessi ricercati da Ocho. La Lindberg incontra la protagonista in una lunga partita a carte in cui in palio c’è il riscatto di una giovane destinata a un bordello, più avanti le due sexy eroine si ritrovano in un’altra (breve) sequenza tutta da vedere a sfondo bondage, pratica che nel film (e in Giappone in particolare) ha connotati “spettacolari” marcati e insistiti. In seguito è coinvolta in scene di sesso notevoli, come il rapporto lesbo con una ragazza giapponese che sfocia in un’orgia.

Sex and Fury è considerato uno dei maggiori esponenti del Pinky Violence, il (sotto) filone giapponese degli anni 70 che unisce l’erotismo con la violenza, ma può essere visto anche come uno yakuza-movie per i loschi personaggi che lo attraversano, soprattutto maschili, in genere criminali con pochi scrupoli al fine di raggiungere il potere, senza dimenticare il simbolismo dei tatuaggi che nel film ricorre anche sulla pelle della protagonista. Sex and Fury sembra prendere piste differenti ma riesce sempre a mantenere una tensione costante, il senso di vendetta che spinge Ocho rimane vivo, gli intrecci dell’intrigo alla fine si sciolgono verso una fatidica resa dei conti. Il regista Noribumi Suzuki è considerato un’autorità in materia Pinky (Eiga) Violence, in alcune scene si lascia andare in deliri pop-blasfemi, le suore malvagie e lascive che si intravedono a un certo punto, che anticipano alcune sue future opere (School of the holy beast).

Il titolo italiano pare essere Sex and Japan, davvero banale e imbarazzante, il film è meglio conosciuto con quello internazionale di Sex and Fury, con grossa probabilità concepito per cavalcare il successo di Fist of Fury (Dalla Cina con furore, 1972,  altro titolo italiano da galera!), il finale sanguinoso in fondo ricorda in qualche modo quello con protagonista Bruce Lee. Noribumi Suzuki però è molto più artistico e visionario di Lo Wei e le ultime inquadrature con la pioggia di carte colorate sono lì a dimostrarlo. Nello stesso anno è uscito il sequel Female Yakuza Tale, sempre con Reiko Ike protagonista. Grande film.

 

Tit. Originale: Sex and Fury (Intern.)
Paese: Giappone
Rating: 8/10