Aggiornato il Ottobre 1, 2015 da Il Guru dei Film
The Green Inferno: il film diretto da Eli Roth riscopre il filone dei cannibal-movie.
- Tit. Originale: The Green Inferno
- Paese: USA/Cile
- Rating: 6/10
La giovane universitaria Justine accetta un invito a partecipare alla riunione di alcuni attivisti per le cause umanitarie, la ragazza è spinta da ideali di libertà ma anche per l’interesse del leader Alejandro con cui ha incrociato degli sguardi. Alejandro convince i suoi accoliti a intraprendere un’azione di disturbo in Amazzonia, si tratta di bloccare le ruspe di una multinazionale che abbatte la foresta e minaccia una tribù di nativi. Justine si convince dell’operazione e parte con i ragazzi del gruppo, l’impresa è pericolosa ma sembra andata in porto, sulla via di ritorno però il piccolo aereo che li trasporta cade in un’impervia zona della foresta…..
I cannibali più famosi del cinema (horror) sono Leatherface (Non aprite quella porta) e Hannibal Lecter (Il Silenzio degli innocenti) ma le opere a cui Eli Roth tende sono quelle dei primi anni 80 prodotte in Italia, capaci nel loro piccolo di stabilire un nuovo immaginario e stilemi caratteristici e, non solo, di cogliere notevoli riscontri ai botteghini di mezzo mondo. Gli specialisti più accreditati di tale mini-filone, i registi Umberto Lenzi e Ruggero Deodato, riprendevano il discorso dei mondo-movies anni 60 di Prosperi e Jacopetti per concepire film molto realistici e crudi, basati su una violenza estrema e primitiva che ha fatto montare non poche polemiche. In particolare Eli Roth ha sempre dichiarato, sin dagli esordi di Cabin Fever, una predilezione per Cannibal Holocaust (1981) di Deodato, il culmine del genere, un capolavoro controverso per la presenza di vere uccisioni e torture portate su animali indifesi, un aspetto questo che scatena anche a distanza di decenni riflessioni di ogni tipo. Il film di Deodato non è solo questo, tra le altre cose è anche forse il primo a usare con efficacia la tecnica del found-footage, un’immersione nel mondo selvaggio delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, un posto brutale se visto con gli occhi di un occidentale.
Eli Roth riversa in The Green Inferno le suggestioni del film di Deodato per un’avventura situata nelle foreste pluviali del Perù minacciate dall’arrivo della pressante civiltà consumistica, una vicenda ancora credibile e attualizzata dalla presenza di un gruppo attivista di ecologisti. L’incedere è scontato e i luoghi comuni non si fanno mancare, la prima parte della presentazione dei protagonisti occidentali ne è infarcita, ma il film è scorrevole e ha quasi effetti visivi subliminali: difficile dimenticare il verde delle foreste che si propaga sin dai titoli di testa, in seguito, il colore della flora si mischia con il rosso ramato della pelle pitturata degli indigeni. Roth, come noto, ha avuto la strada aperta da appoggi illustri (David Lynch prima e Tarantino in un secondo momento), senza avere mai convinto del tutto e scatenando inevitabili strascichi di invidie e rimostranze giustificate dai mediocri risultati delle sue opere. The Green Inferno prosegue nel solco ma sembra centrare meglio di altre volte lo stile del regista che vuole la recrudescenza delle scene più sanguinose diluita da momenti surreali che sembrano usciti da una commedia demenziale di grana grossa.
Distribuito al cinema con il divieto ai minori di anni 18, il film ha il suo cuore nella seconda parte dove ha inizio una mattanza ai danni dei protagonisti che in almeno una sequenza può sorprendere anche gli stomaci più forti, si vocifera di gente svenuta in alcune prime visioni d’oltreoceano, di solito si tratta di trovate pubblicitarie, resta il fatto che il primo rituale di uccisione/cannibalismo è diretto e crudo come può essere solo un video non censurato proveniente dai tristi e attuali scenari della Siria. Il personaggio guida di Justine introduce a una realtà sgradevole, la ragazza capisce a sue spese che i compagni di (s)ventura non sono tanto migliori degli indigeni che vogliono farli a pezzi per mangiarli, lo scontro tra il mondo civilizzato e quello incontaminato della natura ha una comune scabrosità di fondo ineluttabile e feroce, una tematica che riprende anche in questo caso i cannibal italiani.
Da notare che Justine è interpretata da Lorenza Izzo, moglie del regista, l’attrice protagonista anche nel successivo film del marito (Knock Knock) attraversa una serie di orrori splatter, tra i quali si può annoverare lo schianto tragico del piccolo velivolo nella foresta, e situazioni prevedibili di prigionia e fuga attorniata da pericolosi nativi con tendenze cannibali. A riguardo risultano credibili i componenti di una tribù per lo più composta da bambini con a capo una inquietante sciamana, al cui fianco compare un ancora meno raccomandabile guerriero/cacciatore armato di machete. Lo spirito burlesco di Roth si manifesta in almeno un paio di sequenze che possono fare storcere il naso, a suo favore si può dire che sono talmente assurde e prolungate da apparire memorabili ( a loro modo). I cannibali di Roth mangiano con gusto carne umana in insistiti pranzetti di gruppo, in alcuni (p)assaggi si notano citazioni a Il Giorno degli Zombi, lo smembramento di una vittima, e a Cannibal Holocaust nella scena del rinvenimento dei morti impalati con i bastoni. The Green Inferno rischia di essere (al momento) il migliore film di Roth.
Sciamano
Poster internazionale di The Green Inferno
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