Aggiornato il Marzo 25, 2010 da Il Guru dei Film
Fantascienza cyberpunk anni 80 targata Walt Disney.
Lo sviluppatore di giochi elettronici Flynn è stato derubato di alcuni preziosi progetti informatici da una potente industria tecnologica. Con l’aiuto di una coppia di giovani Flynn riesce a intrufolarsi in un edificio della ditta al fine di trovare le prove del furto avvenuto, l’uomo però deve vedersela con il Master Control Program, un’intelligenza artificiale preposta contro le intrusioni che, con un raggio laser, lo colpisce risucchiandolo all’interno dei suoi circuiti. Flynn si ritrova riprodotto come "avatar" dentro un mondo nuovo e sconosciuto, in cui i programmi hanno fattezze umane al servizio degli ordini imposti dal MCP.
In un’epoca sempre più frenetica e vogliosa di novità, che considera "vecchio" ogni creazione artistica/fenomeno nata/sviluppato solo pochi anni prima, un film come "Tron" datato 1982 viene visto come un "manufatto preistorico" della fantascienza. Eppure nelle sue visioni tecnologiche e iconografie futuristiche, ormai sorpassate dal progresso inarrestabile, risiede il fascino dei primordi di una nuova era, dal potenziale enorme, intorno al concetto di unione tra il mondo reale e virtuale che di recente ha conosciuto una delle sue tappe più significative con "Avatar" (2009) di James Cameron. "Tron" è un film non sempre coinvolgente ma capace di aprire nuovi orizzonti come poche altre opere negli anni 80 hanno fatto, un’influenza riconoscibile in buona parte della fantascienza seguente: "Matrix" (1999) per citare uno dei più celebri esempi.
La trama è più che interessante anche se priva di una tensione drammatica accettabile, colpa imputabile in gran parte alla sceneggiatura del poco esperto Steven Liesberger occupato anche in cabina di regia, l’entrata del protagonista Flynn, interpretato da un ancora giovane e valido Jeff Bridges ("Starman"), nel mondo virtuale dei computers giunge senza pathos e con scarse motivazioni. Il merito di "Tron" è l’introduzione massiccia dei primi ritrovati della computer grafica, ingenui quanto si vuole ma già ben amalgamati con gli interpreti in carne e ossa, un vero progetto pionieristico e ambizioso non del tutto recepito bene dal grande pubblico, piuttosto tiepido, aspetto che induce la casa di produzione Walt Disney a stare alla larga dai film live-action nella decade successiva.