Aggiornato il Luglio 1, 2013 da Il Guru dei Film
Il secondo horror di Federico Zampaglione omaggia il Giallo all’italiana.
La bella Lisa ha una doppia vita: donna in carriera di giorno, provocante e lasciva frequentatrice di locali per scambisti di notte.
Lisa è solita frequentare il Tulpa, un club privato nascosto da occhi indiscreti nei sotterranei di un garage, la donna viene a contatto con diversi clienti selezionati dal misterioso gestore del locale. I guai iniziano quando alcuni frequentatori del Tulpa vengono uccisi in modo brutale, tutte persone che hanno avuto un rapporto con Lisa, la quale si sente al centro di una trappola mortale senza saperne il motivo.
Si dice che la seconda prova è quella più difficile, per Zampaglione in realtà è il terzo film se si considera l’esordio di “Nero Bifamiliare”, ma questo è il suo secondo horror dopo la felice sorpresa di “Shadow” (2009), per chi scrive il migliore horror italiano degli ultimi (10?) anni, se non altro per l’assenza clamorosa di valida concorrenza. “Tulpa” rappresenta l’intenzione del regista di proseguire sui territori della paura e del sangue, troppo poco frequentati dalle nostre parti, con un tributo alla stagione d’oro del Giallo all’italiana, sulla carta un progetto interessante e intrigante che si inserisce in un mini-filone recente tutto europeo, quello del neo-giallo, insieme a pochissime opere come il francese “Amer” (2009, un capolavoro) e il tedesco “Masks” (2011, un inchino ai film di Dario Argento). “Tulpa” pur partendo con i presupposti giusti cade però in una sceneggiatura poco brillante, firmata dallo stesso Zampaglione, e in ridicolaggini diffuse che pregiudicano l’intero film, anche la scelta di mostrare efferatezze esagerate (i genitali maschili mozzati di un omicidio) rientrano nel discorso.
Si inizia con un omicidio violento che mette in mostra l’altra prerogativa della pellicola, quella del sesso estremo, ma anche qui si rimane perplessi per il paradossale e scarso tasso di erotismo profuso, in certi film più commerciali si vedono prodezze ben più audaci (per es. l’amplesso di Nicholas Cage e una biondona in “Drive Angry 3D”), l’ulteriore colpa è che il sex & violence di “Tulpa” appare esagerato solo per stupire, senza un minimo di credibilità e con il risultato di sortire l’effetto contrario, quello di fare sorridere. Purtroppo la scarsa cura dei dettagli e dei personaggi crea una galleria di situazioni grottesche che non fanno per niente bene alla tensione del film, i colleghi businessmen della protagonista interpretata dalla Gerini sono un disastro di comicità involontaria (il primo dialogo nella riunione d’affari ha dei tempi comici perfetti) e capeggiati dal Roccaforte di Michele Placido, il (grosso) pesce fuori d’acqua del film. Si salva la compagna del regista Claudia Gerini, in gran forma fisica, piuttosto convincente nonostante sia coinvolta in alcuni incontri piccanti che non riescono a mascherare l’impaccio delle situazioni, mai una volta spinte (in tutti i sensi) per essere definite memorabili/estreme.
Vi sono inoltre degli inserti pseudo-onirici concentrati nel personaggio del barista-guru del Tulpa interpretato dall’attore (feticcio) Nuot Arquint, presenza inquietante nel precedente “Shadow”, qui ridotto a una macchietta freak-tibetana che somministra alla protagonista delle bevande drogate con un contagocce. Il termine “Tulpa” definisce un’entità astrale che solo i monaci tibetani riescono a individuare, il concetto viene pasticciato e mischiato con la catena di delitti della pellicola orchestrati da un killer indistinto e vestito con cappello e guanti neri, come nella tradizione dei film di Bava e Argento. Il buon Dario Argento viene omaggiato in almeno un paio di uccisioni, Zampaglione guarda a “Profondo Rosso” e “Inferno” nelle intenzioni ma l’impressione è quella di tendere verso i meno apprezzati film del Maestro ( “Il Cartaio” , “Giallo”). Insomma il regista non riesce a mettere a fuoco il soggetto interessante firmato da Dardano Sacchetti, i momenti clou degli omicidi mancano di vero fascino ed evocazione, un peccato visto che la regia in alcuni passaggi non è male (l’omicidio della giostra) mentre si difende bene nel reparto della colonna sonora con dei buoni pezzi strumentali.
“Tulpa” è ambientato a Roma nella zona EUR che fa molto post-moderno e vintage allo stesso tempo, un altro rimando ai film di Argento e al design retro, una volontà nostalgica che produce non sempre l’effetto giusto: abbastanza (s)cult la scena della Gerini con la cornetta enorme di un vecchio telefono all’orecchio!. Un film che ha pure problemi di doppiaggio fuori sincrono e dialoghi non sempre all’altezza, girato in lingua inglese per assecondare il mercato internazionale. Anche per il precedente “Shadow” si era gridato alla rinascita del cinema horror in Italia ma il problema non è tanto quello di azzeccare un film, e “Tulpa” fallisce pure in questo, quanto la totale assenza di una scena nel nostro paese, non esiste da più di 20/5 anni, ci si arrovella sulle cause e i rimedi sino ad ora senza soluzione. Un’occasione persa.
Paese: Italia
Rating: 5/10