Aggiornato il Agosto 12, 2010 da Il Guru dei Film
Non vi sono persone che si puntano la pistola in faccia di continuo, situazione ripetuta in ogni action USA post "Le Iene" (1992), ma le reminescenze del primo film di Tarantino, a sua volta ispirato a "City on fire" (1987) di Ringo Lam, si ritrovano anche nella costruzione della trama, in particolare il personaggio Marcus è un agente anti droga infiltrato nella banda di Curtis, la sua vera identità viene (quasi) subito svelata a inizio film e, a dir la verità, gestita con poca credibilità visto la lunga scia dei morti ammazzati a cui assiste e che regala una sola vera sequenza di tensione, quella per intenderci della telefonata notturna. Da aggiungere che l’attore di colore Mykelti Williamson ("Final Destination 3D") si atteggia in continue movenze gangsta-rap imbarazzanti. "Viaggio senza ritorno" non inventa nulla e non sorprende gli appassionati del genere, almeno ha il merito di scomodare i grossi nomi che si possono estendere anche al Michael Cimino e ai suoi eroi perdenti di "Una calibro 20 per lo specialista" (1974) e "Ore disperate" (1988), senza avvicinarsi a certe vette il film di Sutherland mantiene le stesse atmosfere e un senso di sconfitta incombente, un vero viaggio senza ritorno per parafrasare il titolo italiano banale ma efficace.
Pagati i suoi debiti il film può vantare avvincenti sequenze d’azione che non si fanno certo attendere e la rapina iniziale, sciagurata come spesso accade in ogni gangster-movie che si rispetti, finisce in un bagno di sangue, nella successiva fuga si accende una furiosa sparatoria con la polizia e Curtis alla guida di un auto stritola un agente in un momento di violenza inaudita, roba da fare strabuzzare gli occhi ancora oggi. "Viaggio senza ritorno" è molto violento, i dettagli delle sparatorie non disdegnano grossi schizzi di sangue e appare difficile il calcolo dei cadaveri lasciati sul terreno. Tutti i cliché degli action on the road sono rispettati quindi compaiono posti di blocco della polizia e inseguimenti spericolati nelle strade desolate e desertiche del sud degli Stati Uniti che, come ormai sanno tutti (pubblicitari e videoclippari in testa), consentono in automatico un vantaggio non indifferente per la bellezza incontrastata della natura selvaggia.
La coppia di coniugi sequestrata dai rapinatori consente qualche variante, scontata ovvio, anche se l’attore Kevin Pollack ("Giorni contati"), che interpreta il marito colpito dalla classica "sindrome di Stoccolma", lascia basiti per l’unica espressione ebete mostrata in ogni situazione, meglio la compagna impaurita interpretata da Grace Philips. Brevi ma considerevoli cammeo per due nomi storici del cinema USA nei ruoli di spietati mafiosi: il corpulento Rod Steiger ("Giù la testa") è un boss di Las Vegas, teatro di un altra bella scena ad alta tensione e pallottole, mentre Martin Sheen ("Apocalypse Now") è "Sir", un killer della mafia psicopatico con la passione per la tortura messa in atto nel corso di un interrogatorio "particolare". Molto graziosa l’attrice Kim Dickens ("The Gift", "L’uomo senza ombra") nella parte della fidanzata di Raymond e al centro di un finale quasi toccante. "Viaggio senza ritorno" raggiunge il capolinea nella località di Truth or Consequences, da cui il titolo originale del film, in New Mexico, in un piccolo ranch in mezzo al silenzio del deserto squarciato da un’alba di colpi a canne mozze e mitragliatori, per una conclusione coreografata dalla mano di Sutherland intento a omaggiare i western di Peckinpah. Colonna sonora romanticona country/rock con pezzi di Van Morrison, Allman Brothers,Bad Company, Outlaws.
Titolo Originale: "Truth or Consequences, N.M."
Paese: U.S.A.
Rating. 7/10