Vita di Pi

Aggiornato il Dicembre 20, 2012 da Il Guru dei Film

vita di piSiamo arrivati al Natale, fine del mondo permettendo. La domanda è: nel consueto appuntamento al Cinema delle famiglie italiane, andiamo a vedere una bella commedia con qualche colta inquadratura di dettagli anatomici femminili oppure preferiamo tuffarci in un’esperienza incantata e ripercorrere la straordinaria esistenza di un personaggio fuori dal comune? Se la risposta è quest’ultima, Vita di Pi è quello che cercate.

La Storia con la “S” maiuscola è tale solo quando ci strappa dalla nostra esistenza e ci fa vivere completamente – anche se in un arco di tempo ristretto – l’esperienza di vita di un’altra persona. Lo chiamiamo conivolgimento, quella sensazione di essere noi stessi il protagonista della storia e vivere così le sue avventure. Che sia il racconto di un nonno, la fiaba di una mamma, un libro o un film, cambia poco: per un breve momento non siamo più noi. Facciamo altre cose, viviamo altre esperienze come fossero nostre, e in questo costruiamo un sistema di esperienze più ricco.

Vita di Pi è una di queste Storie, e come spesso accade ha avuto una genesi complicata: il romanzo è stato rifiutato varie volte da editori inglesi, per essere alla fine accettato dall’editore canadese Knopf e pubblicato nel settembre del 2001. Da quel momento il successo: ha partecipato a vari concorsi letterari, vincendo il Man Booker Prize for Fiction, è stato tradotto in altre lingue per arrivare al film diretto da Ang Lee [fonte: Wikipedia].

La storia è divisa in tre parti: nella prima, Pi – già adulto – ricorda il periodo della scuola, le esperienze in famiglia (il padre aveva un zoo a Pondicherry in India) e il rapporto con gli animali. Nella seconda, la storia del naufragio: Pi rimane su una scialuppa di salvataggio per 227 giorni, in compagnia all’inizio di una zebra, una iena, un orango e una tigre.
Nella terza parte – e questa è certamente uno dei risvolti più interessanti della storia – dovrete scegliere se gli eventi a cui avete assistito sono reali oppure la trasposizione in simboli di altri eventi, meno suggestivi forse e certamente più amari.

 

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Non è necessario riportare altri dettagli sulla storia – anzi, la Storia – visto che su internet potete trovare la trama completa Wikipedia, meglio la versione inglese, su IMDB. Il punto fondamentale è che si tratta veramente di una Storia straordinaria, raccontata in modo egregio dall’autore Yann Martel.

Ed è difficile non pensare al grande Rashomon di Kurosawa o alla meravigliosa Vita Indiana riportata al termine del Gioco delle Perle di Vetro di Hesse: più esplicitamente drammatica la prima, apparentemente più fiabesca e meno cruenta la seconda (ma solo in apparenza), entrambe ci parlano della molteplicità di interpretazione delle esperienze e dell’impossibilità di definire un concetto assoluto di verità.
Ritroviamo in Pi lo stesso inganno narrativo, e la stessa potente capacità di farci immedesimare completamente con il protagonista: per la breve durata del film, le sue esperienze saranno nostre, insieme alle sue paure, al suo stupore, la sua amarezza e le sue vittorie. E in questo brilla la capacità narrativa di Ang Lee, che non vi deluderà nonostante il compito – certamente non facile – di tradurre in immagini una Storia così ricca di suggestioni.

Una curiosità sul nome Richard Parker, che Pi attribuisce alla tigre: era uno dei protagonisti della Storia di Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe, altra storia di naufragio e di cannibalismo, elementi che ritroveremo nella Vita di Pi; ma è anche il nome di un marinaio veramente “mangiato” dai suoi compagni di naufragio dopo l’affondamento del Mignonette; infine un Richard Parker morì nell’affondamento del Francis Spaight, e anche se non è stato mangiato, i suoi compagni di sventura vennero accusati di atti di cannibalismo.

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