Aggiornato il Febbraio 21, 2013 da Il Guru dei Film
Il film sulla caccia al re del terrorismo Bin Laden, diretto da Kathryn Bigelow.
L’agente CIA Maya viene inviata in Pakistan per seguire gli interrogatori di alcuni terroristi di Al Qaeda. La ragazza ha un unico obiettivo: trovare la testa dei terroristi, Bin Laden. Dopo anni di indagini e sacrifici Maya ritiene di avere una traccia giusta, con semplici intuizioni e fortuna, la ricerca converge in un piccolo centro a pochi chilometri di Islamabad, dove un misterioso personaggio vive protetto all’interno di un edificio isolato e impenetrabile.
Dieci anni di indagini per stanare il leader di Al Qaeda, riassunti da Kathryn Bigelow in un film lungo circa tre ore, rigoroso e poco incline alla retorica spettacolare, tanto da fare passare in secondo piano gli aspetti action, che comunque non mancano, a favore dell’ossessione-missione della protagonista Maya. Un intero paese (e non solo) vuole scacciare i fantasmi del 11 settembre 2001 eliminando l’imputato principe Bin Laden, il terrorista capace di sconvolgere gli equilibri della storia, un fantomatico personaggio su cui ancora pendono molti interrogativi, in “Zero Dark Thirty” viene vissuto più come un simbolo, non viene mai ripreso in volto, sfuggente come è sempre stato sin dalle prime apparizioni. Lo sforzo per trovarlo e la conseguente eliminazione sono giustificati dalla terribile serie di attentati nel cuore dell’occidente, il film si apre con i disperati messaggi audio delle vittime alle torri gemelle che salutano i loro cari, consapevoli di una fine imminente, non ci sono immagini, non servono. La guerra in Afganistan (per chi scrive) è una delle poche che si possono definire “giuste”, il problema è che tutte le guerre portano uccisioni di innocenti, torture e barbarie, cose che puntualmente si sono verificate e che “Zero Dark Thirty” riporta.
Katrhyn Bigelow nel suo film più impegnativo e complesso della carriera, la regista fa tesoro del precedente “The Hurt Locker” ambientato nell’inferno del conflitto in Iraq, si affida al compagno (toy boy) sceneggiatore Mark Boal (classe 1973) per (ri)mettere in piedi una storia, in gestazione da diversi anni, sconvolta dall’uccisione di Bin Laden il 2 maggio 2011. “Zero Dark Thirty” non è il primo film USA a trattare l’argomento, anticipato dal televisivo “Nome in codice Geronimo”, ma resta il titolo di riferimento, il più attinente possibile ai fatti reali e conosciuti, filtrato con retroscena inediti sulle operazioni d’indagine carpiti da dossier riservati. A fare discutere sono le pratiche di tortura riservate ai prigionieri in mano della CIA, anche se dopo 10 anni di Guantanamo e affini non sorprendono affatto, a base di corpi maltrattati con lacci e principi di affogamento, musica (heavy) sparata alle orecchie e violenza psicologica. La prima parte del film si concentra su questo aspetto e, forse non a caso, é anche quella meno interessante, nonostante l’introduzione della protagonista Maya interpretata da una magnifica Jessica Chastain nella parte della sua vita (unico appunto opinabile: forse é troppo carina per il personaggio).
La pellicola è sezionata in capitoli che riportano le varie fasi dell’indagine, si può sindacare sul fatto che il trascorrere degli anni non si percepisce al meglio, la relativa tranquillità degli agenti CIA perduti in qualche ambasciata americana è spezzata con brutalità dagli attentati di Londra nel 2005, (gli attentati a Madrid non vengono menzionati, vai a capire), che vengono rievocati nella ricostruzione dell’esplosione di un bus a due piani, mentre gli stessi protagonisti, Maya e la collega Jennifer, subiscono in prima persona l’attentato all’hotel Marriott di Islambad. Un altro attentato mortale coinvolge gli agenti CIA in una delicata operazione con un presunto collaborazionista che si rivela un kamikaze, una scena lunga ben preparata con estremo realismo in una base militare americana. Maya resta il cuore del film, la Bigelow le concede una sovraesposizione centrale, una donna sacrificata per una causa, pronta a rinunciare a qualsiasi tipo di affetto, lei é sola contro tutti, compreso i colleghi attenti più che altro alla carriera o non del tutto motivati. La ragazza matura la convinzione che la pista per arrivare a Bin Laden é il ritrovamento del suo corriere fidato, ci vorranno anni e una Lamborghini in regalo per giungere al dunque.
Verso il finale Maya si defila per lasciare spazio ai reparti d’assalto americani, e qui si entra nella parte più “nebulosa” e avvolta di mistero della vicenda, per via del fatto che gli eventi riproposti si presumono veritieri ma non inconfutabili, si entra quindi nel vivo dell’operazione militare che ha portato al raid notturno nei pressi di Abbottabad (Pakistan) e l’uccisione di Bin Laden. La Bigelow si ricorda di essere una grande regista d’azione e predispone l’emozionante incursione notturna degli elicotteri Black Hawk, una versione hi-tech e potenziata, sembrano quelli della Umbrella della serie Resident Evil. L’avvicinamento dei reparti speciali guidati da Patrick (Joe Edgerton) nei cieli del Pakistan crea una forte tensione che prosegue nel lungo assalto, l’operazione si dice durata circa 40 minuti, nella visuale agli infrarossi e sotto i colpi di cariche esplosive e fucili d’assalto. Il momento clou dell’incontro con Bin Laden è molto attendibile, veloce e violento, mentre il contro-finale con il riconoscimento della salma risulta ambiguo e frettoloso. “Zero Dark Thirty” è un grande saggio di tecnica di inquadrature e montaggio, ma anche un film molto amaro, non rivendica nessuna vittoria o esaltazione e il finale solcato dalle lacrime di solitudine all’interno di un aereo lo rimarca pienamente.
Titolo Originale: “Zero Dark Thirty”
Paese: U.S.A
Rating: 8/10