10.000 A.C.: l’eroe per caso è un guerriero innamorato

Aggiornato il Marzo 14, 2008 da Il Guru dei Film

10000 a. c.

Roland Emmerich, il regista di Indipendence Day, mette in scena un film fantapreistorico a base di mirabolanti effetti speciali che racconta la storia di un giovane che nel mondo abitato dai mammouth va a riprendersi la sua donna rapita da un perfido tiranno.

Nel cinema d’oggi il viaggio attraverso il tempo vive di effetti speciali. Che, spesso, sono l’unica ragion d’essere dei film. Con gli effetti speciali Roland Emmerich ha fatto fortuna e il suo Indipendence Day, dove insieme all’Empire State Building veniva distrutta la Casa Bianca, è diventato un simbolo di quell’immaginario catastrofico che ha anticipato gli incubi dell’11 settembre. 10.000 a.C. si muove tra fantascienza e fantastoria senza alcuna pretesa ideologica: lo schema è la lotta tra il bene e il male rappresentata attraverso un eroe inconsapevole che per difendere la donna amata sfida i cattivi. La ricostruzione della preistoria esercita da sempre una fascinazione sicura sul pubblico: l’uomo è parte di una natura che appare immensa, abitata da creature enormi e dalla spaventosa capacità distruttiva e regolata da dinamiche elementari: il cibo viene dalla caccia, tutto è regolato dal ciclo delle stagioni, le passioni e i sentimenti sono assolute e perfino pure, in contrasto con un universo spietato dove le speci più deboli o incapaci di adattarsi agli spaventosi mutamenti climatici e geologici si estinguono. In questo contesto l’elemento che scompone tutto è la violenza dell’uomo, violenza alimentata sempre dalla sete di potere e dall’ingordigia. 10.000 a.C. è la spettacolare messa in scena di tutto questo: un tempo sprofondato nei millenni dove gli uomini, che credevano negli spiriti, con l’arrivo dei mammuth vivevano la stagione della caccia e dell’amore. I due innamorati di Emmerich sono D’Leh ed Evolet, un’orfana. Tra i due si mette una sorta di divinità-uomo cattiva e invisibile al cui servizio ci sono dei terribili demoni a cavallo che ricordano in modo sinistro i feroci, e purtroppo terribilmente veri, guerriglieri razziatori protagonisti delle orrende stragi che straziano l’Africa dei signori della guerra. Evolet viene rapita e D’Leh si spingerà fino ai confini del mondo per riprenderla. Secondo lo schema classico della fiaba e dell’antropologia, il cammino del protagonista diventa un percorso di formazione che trasforma il cacciatore in guerriero e l’eroe inconsapevole in leggenda. Da questo punto di vista Emmerich e i suoi sceneggiatori puntano sul sicuro: chi non farebbe il tifo per un giovane innamorato che vuole riprendersi la donna amata rapita da un tiranno super carogna e che, per giunta, sfrutta le superstizioni e le paure dei nostri antenati per esercitare un potere malvagio? Se poi – è lo schema del Semola che diventa Re Artù nella Spada nella roccia – il protagoinista è anche maldestro e diventa un eroe soltanto dopo aver subito un torto insopportabile il sostegno del pubblico è garantito. Il tutto è servito, per dir così, in un trionfo di effetti speciali allestito per non far sentire il rimpianto di Indipendence Day che è del 1996. E nella tecnologia 12 anni sono lunghi come un’era geologica.
Paolo Biamonte