Aggiornato il Febbraio 25, 2009 da Il Guru dei Film
Riferimenti biblici e atmosfere noir-action compongono questo film indipendente australiano che ambisce a rivisitare alcuni titoli celebri del cinema fantastico più recente.
L’eterna lotta tra il bene e il male si combatte sulla terra da secoli. A contendersi le anime degli uomini sono gli arcangeli, i protettori della luce, e gli angeli caduti, i soldati delle tenebre. A prevalere sembrano le forze del male guidate da Sammael che per consolidare il suo potere affronta l’ultimo arcangelo inviato per contrastarlo: Gabriel.
Non è difficile demolire un film come “Gabriel”: derivativo, troppo ambizioso e dannatamente lungo. Insomma certe valutazioni non vanno molto lontano dalla verità nel bollare come poco riuscita questa prima opera firmata da Shane Abbess, se non fosse che la produzione ha avuto a disposizione, cosi si dice da più parti, un budget irrisorio vicino ai 150.000 dollari, praticamente nulla. Fermo restando che questo aspetto è sbandierato dallo stesso regista e collaboratori con un certo compiacimento, “Gabriel”, ha comunque diverse frecce al suo arco che colpiscono il bersaglio.
Shane Abbess, coadiuvato da Matt Hylton Todd nella sceneggiatura, sembra riprendere certe tematiche proposte da uno dei migliori horror anni 90, “L’ultima profezia” (1995), che vede protagonisti angeli caduti darsi battaglia sul pianeta terra. Il contesto biblico-mistico si concentra quasi unicamente sulle due fazioni contrapposte di angeli, tutti con fattezze più o meno umane ma provvisti di forza e poteri straordinari, mentre gli uomini comuni restano sullo sfondo quasi incuranti della lotta che è in corso (per es. da notare che le forze di polizia, o altre autorità in generale, non vengono neanche nominate) un pò come avviene nella saga di “Underworld”, basata sullo scontro tra vampiri e licantropi.
“Gabriel” è ambientato in una perenne notte, quasi simbolica a testimonianza del predominio del male, che incombe su una non meglio precisata città che ricorda senza mezzi termini quelle viste in “Il corvo”(1994) e “Dark City” (1998). Le pellicole firmate da Alex Proyas sono forse l’influenza principale di “Gabriel” che vede eroi vestiti di pelle nera, come il Corvo-Brandon Lee, muoversi in un paesaggio urbano lugubre e opprimente. Dato che “Gabriel” è anche un action appare quasi scontato il riferimento alla saga di “Matrix” nell’utilizzo della tecnica del bullet-time per raffigurare diverse sparatorie, una in particolare verso la conclusione é piuttosto originale, mentre in altre occasioni(il gun-fight al buio, l’irruzione all’interno di un appartamento) viene chiamato in causa “Equilibrium” (2002), un’opera magnifica e creativa che aveva aggirato la scarsità dei mezzi finanziari. Le scenografie sono sparatane ma, grazie anche un sapiente uso della fotografia e accorgimenti in CGI, riescono a creare il climax adeguato per l’oscura vicenda.
Provoca un pò di perplessità l’eccessiva durata di “Gabriel”, circa 1 ora e 50 minuti, appesantito da dialoghi prolissi e certi personaggi dal scarso appeal (gli arcangeli) che apportano poco alla narrazione e sono concentrati, soprattutto, nella parte centrale; inoltre alcune peculiarità vengono lasciate al caso (quali sono i veri poteri degli angeli? cosa rappresentano i tatuaggi?), al contrario dispiace che certe figure riuscite come l’angelo di colore rasta e il Molloch-Nosferatu armato di coltelli compaiano fugacemente.
Gli interpreti sono per il grande pubblico dei perfetti sconosciuti: Gabriel è interpretato da Andy Whitfield, un giovane di bell’aspetto che ricalca una certa iconografia degli eroi positivi e puri ma la sorpresa è rappresentata da Dwayne Stevenson, un nome su cui puntare, che impersona Sammael (Satana nel doppiaggio italiano), semplicemente uno dei migliori villain apparsi recentemente, pieno di carisma e dal fascino maledetto che ricorda visivamente certi personaggi malvagi dei manga (Alucard di “Hellsing”). Niente male anche le due interpreti femminili: la super-sexy sadomaso Lilith (la bionda Erika Heynatz) e la bella Jade/amitiel, un arcangelo divenuto schiavo.
“Gabriel” perde il confronto, per povertà di mezzi e tecnica, con i film che vuole omaggiare/citare eppure si riscatta con un finale micidiale quasi sorprendente per intensità ed evocazione, carico di suggestioni arcaiche-spirituali, presenti nel lungo confronto tra Gabriel e Sammael posto in cima a un tetto della città e sotto una pioggia battente, una sequenza bellissima che ricorda addirittura il finale di “Blade Runner” tra Rutger Hauer e Harrison Ford.
Titolo Originale: “Gabriel”
Paese: Australia
Rating: 7/10