ACAB – All Cops Are Bastards (2012)

Aggiornato il Febbraio 2, 2012 da Il Guru dei Film

ACAB - All Cops Are Bastards (2012)Il film sulla dura realtà degli agenti anti-sommossa italiani.

Cobra, Negro, e Mazinga sono tre celerini di Roma che spendono la vita nelle strade a sedare ogni tipo di sommossa. Nel gruppo si inserisce anche la giovane "spina" Adriano, il ragazzo entra a fare parte di un mondo di violenza e soprusi a cui sono sotto-poste le stesse famiglie dei poliziotti, segnate da lacerazioni e incomprensioni. Le operazioni dei celerini diventano sempre più rischiose, spesso favorite dal carismatico Cobra che non disdegna abusi di potere e l'uso indiscriminato della violenza, anche ai danni di un'umanità sofferente composta di emarginati e alienati di vario genere.

Arriva l'esordio al cinema per il regista Stefano Sollima, figlio del grande Sergio Sollima ("La resa dei conti"), dopo gli ottimi riscontri per il serial-tv sulla criminalità anni 70 tratto da "Romanzo criminale" (l'opera originale è il libro di Giancarlo De Cataldo, seguito dal film omonimo di Placido del 2005). Un film duro che riprende il tema della violenza serpeggiante nelle strade italiane dei nostri giorni, che ha diverse origini e differenti comprimari ma lo stesso vuoto di disperazione e indefinito sbocco come alcuni decenni addietro. Sullo sfondo il paese Italia sempre più sfilacciato per uno Stato assente e, se non peggio, connivente con le peggiori contraddizioni e ingiustizie che si consumano ogni giorno. Come si può capire un film non facile che sceglie un punto di vista ambiguo, difficile parteggiare per qualcuno in particolare, tutti ribollono di rancori e sono stretti in una morsa molto più grande di una singola vita, in un abbraccio che arriva a toccare scottanti fatti di cronaca che hanno segnato la storia recente del paese.

ACAB - All Cops Are Bastards (2012)

"ACAB"  segue le vicende di un gruppo di poliziotti anti-sommossa con uno stile crudo e asciutto che evade la spettacolarità e l'indulgenza, anzi si prova un senso sgradevole che è quello della realtà sbattuta in faccia e la condivisione delle pulsioni di tre uomini diversi per carattere e storia uniti da una divisa. Non è un vero senso del dovere che spinge Cobra, Negro e Mazinga a uscire per le strade con caschi e scudi, quanto una questione di appartenenza a una sorta di fratellanza, soli contro il mondo incomprensibile, una sensazione che ben si dispiega nel bel finale del film. E dire che si fatica a entrare in personaggi come Cobra, un solitario violento, Negro, un tipo impulsivo che ha mandato a monte il matrimonio, oppure il pessimo padre di famiglia Mazinga, eppure li capiamo perché schegge impazzite che compongono un quadro difficile e sempre più complicato che ben conosciamo: la nostra società. Merito a una sceneggiatura che ha il coraggio di rischiare e non si tira indietro nemmeno a inserire ferite ancora aperte come i fattacci della Diaz, i protagonisti sono dei reduci del G8 di genova 2001, sino allo stupro-omicidio della signora Reggiani e la morte del tifoso laziale Sandri.

A dare man forte all'esordiente Sollima anche il cast con in prima linea un convincente Pierfrancesco Favino, è lui il Cobra con i quadri del Duce appesi in casa e leader del piccolo gruppo di celerini, segue il maturo Mazinga interpretato da Marco Giallini, incapace di tenere sotto controllo il figlio divenuto seguace di un gruppo skinhead razzista. A questo proposito molto belle alcune sequenze con il padre che giunge nella sede delle teste rasate in cerca del ragazzo. Il terzo, e forse il più bravo del lotto, è Filippo Nigro nel ruolo di Negro, il poliziotto che perde l'equilibrio nel momento in cui gli viene negata la visita alla figlia, custodita dalla madre cubana separata. Le vicende private dei protagonisti si fondono bene con le operazioni di lavoro, altri squarci di realtà dura da digerire come l'applicazione degli sfratti o l'allontanamento delle persone clandestine, momenti anche toccanti ma sempre con un retrogusto di glaciale quotidianità. L'inserimento della "spina" Adriano, il giovane Domenico Diele, non scivola nella facile contrapposizione del personaggio positivo, risultando più sfaccettato e credibile.

Sollima predilige una robusta colonna sonora per i suoi lavori, nel prologo "Seven Nation Army" è suonata al massimo per demitizzare il leit-motiv nazionale (dal mondaile 2006) usato per passare in rassegna gli strumenti del mestiere dei celerini, la sequenza forse più bella e d'impatto, quella dell'irruzione in un covo di sbandati skinheads, è sottolineata invece da "Where is my mind" dei Pixies, con il Negro ripreso in una maschera di puro odio pronta a esplodere. Bello anche tutto il lavoro di scenografie, con la periferia romana e lo stadio Olimpico trasformati in campo di battaglia. Finalmente un film italiano di un certo (alto)livello, siamo dalle parti del cinema di genere, lontano anni luce dalle commedie che vanno per la maggiore posizionate giù al nord e al sud.

Paese: Italia
Rating: 7/10