Drag me to Hell (2009)

Aggiornato il Dicembre 24, 2009 da Il Guru dei Film

Film: Drag me to Hell

Sam Raimi, dopo i successi della serie "Spiderman", torna a frequentare il genere che lo ha lanciato negli ormai lontani anni 80: il cinema horror.

 

Christine vuole raggiungere a tutti i costi una promozione nella banca in cui lavora, decide quindi di essere inflessibile con i clienti che chiedono un aiuto finanziario e nega un prestito a una vecchia gitana che, disperata, lancia sulla ragazza una maledizione. Christine sprofonda in un incubo a occhi aperti popolato di demoni e apparizioni mostruose che la inseguono ovunque, la sua unica speranza sembra quella dell’aiuto di un veggente in grado di salvare la sua anima dalle fiamme dell’inferno.

Serpeggia tra gli appassionati la disputa sullo stato di "imborghesimento" di Sam Raimi, l’ex enfant prodige dell’horror anni 80 (per chi scrive "La Casa 2" é uno dei dieci horror migliori di tutti i tempi), arrivato a essere ormai un dichiarato simbolo del cinema mainstream con la serie macina-soldi "Spiderman", una situazione che non ha risparmiato i mugugni dei fans della prima ora stanchi di un cinema adagiato su standard consolidati e poco coraggiosi. Il ritorno all’horror, dopo circa 18 anni da "L’armata delle tenebre" (1992), è quindi accolto con un misto di curiosità e attesa che alla resa dei fatti ha espresso un verdetto: Sam Raimi è il fantasma di se stesso. "Drag me to hell" è purtroppo una delusione, il grande numero di consensi surreali di critica non fa altro che aumentare il senso di disagio nei confronti di un regista ormai (in)capace solo di tentare un abbozzo dei tempi andati.

"Drag Me to Hell" ha una trama ideale al massimo per un corto, troppo esile e risaputa, fosse solo questo il problema: Raimi si auto-cita in maniera talmente plateale e referenziale da lasciare sbigottiti, forse era questo che il pubblico voleva (?), il giochino può (poteva) funzionare una volta ma vedere lungo tutto il film le "solite" scene di vomito/fluidi assortiti rovesciati sulla protagonista ripetute per almeno quattro volte è davvero troppo. Anche i proverbiali movimenti di camera di Raimi appaiono degli stanchi ricalchi di cose già viste e fatte meglio dallo stesso regista in altri film ormai datati. Raimi è fermo al 1989, può sembrare un complimento ma non lo è, una data non citata a caso, pare che la prima stesura di "Drag me to hell" scritta da Sam Raimi, in collaborazione con il fratello Ted, risalga a quel periodo e poi finita in naftalina per tempi migliori. Insomma un modo elegante per dire che si tratta di uno scarto del passato.

E’ triste notare come il declino di Raimi regista horror giunga dopo una discutibile militanza nel settore nelle vesti di produttore a capo della Ghost-House, la factory-horror che ha immesso negli ultimi anni film tutt’altro che trascendentali come: "The Grudge", "Boogeyman", "The Messengers", "Rise", "30 Giorni di Buio". "Drag Me to Hell" segue la linea dei suoi predecessori di scuderia che prevede un largo uso di computer grafica, non sempre all’altezza in più di un frangente, e preferisce evitare truculenze eccessive per ottenere un bacino d’utenza maggiore. "Drag Me to Hell" non riesce a incanalarsi in una dimensione precisa, prima é un horror (patinato), poi una sit-com, subito dopo una parodia, come si rimpiangono i tempi di "La Casa 2". I maggiori spaventi, si fa per dire, arrivano da un utilizzo smodato del dolby surround, incredibile: mai nessuno si sarebbe immaginato un film urlato e approssimativo diretto da Sam Raimi.