Aggiornato il Aprile 8, 2010 da Il Guru dei Film
Il team Matt Damon e Paul Greengrass di nuovo insieme per un film che racconta la vana ricerca delle armi di distruzioni di massa a Bagdad con lo stile della saga di Bourne.
Il team Matt Damon-Paul Greengrass, protagonista e regista della saga di Jason Bourne, si è rimesso insieme per un film, manco a dirlo, ad alto tasso di adrenalina che ci riporta nell’ Irak del 2003, quando l’inganno costruito attorno alle armi di distruzioni di massa nella mani di Saddam Hussein non era ancora stato rivelato al mondo.
Green Zone non è però un film di denuncia né un lavoro politico ma piuttosto un super action thriller, basato su dati reali, che racconta la situazione in Irak sulla base di Imperial Life in the Emerald City, un libro scritto da Rajiv Chandrasekaran. Come racconta Brian Helgeland, lo sceneggiatore, premio Oscar per L.A. Confidential, la ricerca delle armi di distruzione di massa, che è stata la motivazione ufficiale dell’invasione dell’Irak "era un soggetto decisivo per capire perché siamo andati in guerra e come la guerra sia stata venduta".
In sostanza raccontando la storia di Roy Miller-Matt Damon, un soldato super addestrato inviato in Irak alla testa di una squadra per catturare il generale Al Rawi (il jack di fiori nel mazzo di carte con cui l’America aveva indicato i ricercati più pericolosi del potere di Saddam), probabilmente l’unico a conoscere la verità sulla vicenda e al tempo stesso trovare le prove dell’esistenza delle armi nucleari, Greengrass disegna una spettacolare metafora del disastro iracheno. Già perché Miller va fino in fondo al suo compito e non solo scopre che le armi di distruzione di massa non sono mai esistite in Irak ma che in realtà a Washington nessuno vuole catturare vivo Al Rawi. Inutile dire che in quella nebulosa che vive tra il Pentagono, la Casa Bianca di Bush e Cheney, la CIA, i contractors e quell’universo scivoloso che si è avventato sul business miliardario (in euro) della ricostruzione non tutti stanno dalla stessa parte. Soprattutto dalla parte di Miller.
Green Zone non racconta dunque nulla di nuovo, non fa ipotesi o ricostruzioni. Racconta la storia, compresi tutti gli errori tattici commessi dall’America in Irak, con la forma del più spettacolare action thriller e con l’ormai collaudato stile di Greengrass, uno che ha fatto del caos controllato un comandamento. Ma se tutto funziona il merito è anche di Matt Damon, un attore che acquista credibilità e autorevolezza ad ogni film e che appare sempre più consapevole del suo status di star.
Paolo Biamonte