Aggiornato il Maggio 23, 2008 da Il Guru dei Film
Harrison Ford torna nel leggendario personaggio e supera la sfida del tempo con un film perfettamente in linea con i suoi tre precedenti. Nel cast Cate Blanchett, John Hurt, Shia LaBeouf e la fidanzata storica Karen Allen.
La battuta è di Roger Ebert, uno dei critici cinematografici più prestigiosi del mondo. ‘Se mangiate quattro etti di salsicce, come fate a stabilire quale etto vi è piaciuto di più? è ovvio che il sapore migliore resti quello del primo e che ci sia anche un progressivo calo di interesse. Per lo stesso principio nessuna avventura di Indiana Jones puo’ competere con I predatori dell’arca perduta (1981) che, comunque resta un capolavoro dei film d’azione. Ma chi dice che se Il regno del teschio di cristallo o Il tempio maledetto o L’ultima crociata fosse uscito per primo non avrebbe avuto il sapore più fresco?’.
Difficilmente si sarebbe potuto spiegare meglio la faccenda. Perchè la questione fondamentale sul ritorno di Indiana Jones è proprio questa: il confronto con il suo glorioso passato, dal momento che, ahinoi, sono trascorsi 27 anni dal primo e quasi venti dal terzo. Ma è poi davvero così importante stabilire quale sia il migliore e non accontentarsi di godersi il film? In fondo cosa si chiede a una pellicola di questo genere se non robe tipo, un’esplosione nucleare, duelli a colpi di sciabola a bordo di due jeep lanciate a folle corsa nella giungla, lingue misteriose, complotti internazionali, tesori nascosti, insetti mostruosi, tuffi da cascate vertiginose, caverne spaventose, casse che contengono i segreti del mondo, donne belle e cattive e pure tanta ironia? Questo è il menu del Regno del teschio di cristallo e in più, un po’ come accadeva a Robert Mitchum, Harrison Ford ha uno dei quei volti che sembrano non invecchiare, al massimo sembra un po’ più corrucciato ma a 67 anni con il leggendario cappello in testa regge ancora benissimo. E poi: Indiana Jones è una delle poche leggende del cinema contemporaneo, un personaggio ancora vivissimo nell’immaginario anche del pubblico che non l’ha visto al cinema per questioni anagrafiche ma che lo ha conosciuto attraverso l’home video e i suoi innumerevoli eredi che popolano il filone avventuroso fondato proprio sul successo strepitoso di una delle più belle pensate del diabolico duo Steven Spielberg (che in questo caso fa il regista) e George Lucas (che invece scrive i film). Perchè allora non concedere a Indy un meritatissimo passo d’addio con standing ovation planetaria e ai più giovani il gusto di poter dire ‘l’ho visto anch’io’? Poco tempo fa Diego Armando Maradona, il più geniale calciatore di ogni tempo, a 48 anni ha giocato a Roma una partita di beneficienza. Allo stadio Olimpico c’erano più di 60 mila persone. In buona parte erano padri che portavano i loro figli a vedere dal vivo il mito che avevano potuto ammirare solo nei filmati. A più di 20 anni dal suo ritiro, Maradona ha incantato tutti con i tocchi del suo sinistro fatato. Quando è uscito lo stadio, in piedi, ha cantato ‘Diego! Diego! Diego’ per dieci minuti. Certo, quello del Napoli dei tempi d’oro era un’altra cosa: ma non valeva la pena vedere di nuovo in campo, ma stavolta con il proprio figlio, un uomo che ci ha fatto sognare? il cinema poi si può permettere di giocare con il tempo, e qui sta parte della sua magia, e dato che Indiana Jones è stato sicuramente più attento alla sua salute di quanto abbia fatto Maradona, oggi lo troviamo pronto per le sue strepitose avventure.
Una delle più belle trovate del film è la sua collocazione temporale nei tardi anni ’50, l’epoca della Guerra Fredda. Dunque i cattivi tornano a essere i Russi, ma quelli dell’Unione Sovietica, e a comandare quelli con cui se la deve vedere Indy è Irina Spalko, la super cattiva dal caschetto nero e gli occhi azzurri cui da’ vita la formidabile Cate Blanchett. Tutto comincia da una misteriosa cassa che contiene materiale iper magnetico. Dall’apertura di questa cassa, Indiana Jones e il suo amico Mac McHale (Ray Winstone) vengono portati in Amazzonia. Alla compagnia si uniscomo Mutt Williams (Shia LaBeouf), un giovane biker che è la versione in chiave fumettitistica del Selvaggio, Marion Ravenwood (Karen Allen), storica fidanzata di Indy e il Professor Oxley (John Hurt), un collega dell’ universita’ di Chicago il cui compito è tradurre i linguaggi più misteriosi e fornire ogni volta background e spiegazioni storici.
Prima di arrivare lì Indy è gia’ scampato per miracolo a un’esplosione nucleare (un test, e la scena delle case popolate dai manichini è il colpo d’ala di un grande regista). Nella giungla invece deve affrontare un duello che si svolge a bordo di due jeep. Poi c’è il teschio o, meglio i 13 teschi. Uno lo trova il gruppo di Indiana Jones, gli altri 12 sono nella camera sotterranea che fa parte di una città d’oro costruita sotto una piramide. E’ quasi inutile dire che i 13 teschi, una volta insieme, generano eventi magici legati al potere sovrannaturale di cui la super cattiva Irina vuole impadronirsi insieme ai suoi russi cattivi che mettevano tanta paura all’America di Eisenhower dei tempi del film.
A essere onesti ci sono ancora tante cose che succedono e andrebbero raccontate: formiche giganti che mangiano gli uomini, il fatto che ciascuno dei buoni rischia di morire dalle 20 alle 30 volte, che alla sua veneranda età il professore supera con disinvoltura prove che meterebbero in fuga i figaccioni di Sector No Limits e che, come James Bond, Indiana Jones trasforma in puro stile imprese che il Barone di Munchausen sembra un cronista senza fantasia.
Il succo del discorso è questo: se avete amato i primi tre film amerete anche questo. Se non vi piace Indiana Jones non c’è motivo di parlarne. Ma non dimenticate che ancora oggi nessuno al mondo tira un rigore meglio di Diego Armando Maradona.
Paolo Biamonte