Aggiornato il Maggio 5, 2014 da Il Guru dei Film
Tom Hardy protagonista assoluto di un film on the road girato dentro una macchina.
Il capo cantiere Ivan Locke si appresta a vivere la notte più intensa della sua vita, sale in macchina e parte per adempiere un dovere a cui non può rinunciare, al costo di non presentarsi la mattina dopo all’inizio del più importante incarico lavorativo ricevuto in carriera, una situazione che può compromettere anche gli equilibri con la moglie e i figli che lo attendono a casa. Locke però è determinato, ormai ha preso la sua decisione e vuole andare sino in fondo.
Un’unica idea semplice e sviluppata bene, quella di girare un film all’interno di una macchina con un solo attore, a questo si riduce in sintesi “Locke”, la sfida del regista-sceneggiatore Steven Knight è un viaggio notturno lungo le autostrade inglesi che riesce a risultare coinvolgente e intenso. Sembra incredibile ma per circa un’ora e mezza “Locke” ti inchioda in un unico angusto ambiente, senza risultare claustrofobico, al contrario ci si perde dentro il flusso della vita del personaggio di Ivan Locke interpretato da un Tom Hardy sempre più bravo e convincente, un attore ormai consacrato dal successo di blockbuster (Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno) e prove brillanti come in “Locke” dove, mai come in questo caso, il film verte per intero sulle spalle del protagonista principale.
Pellicola singolare che può ricordare pochi precedenti come il poco esaltante “Buried – sepolto”, con Ryan Reynolds sepolto vivo dentro una bara, che aveva comunque il merito di proporre un horror a suo modo estremo, oppure “Pontypool”, un altro horror che ha imposto i dialoghi e l’evocazione della parole come aspetto centrale. “Locke” esaspera questi concetti e si focalizza sul potere della conversazione, Locke deve riordinare molte cose della sua vita in poco tempo e per farlo inizia una serie di telefonate continue, la forza del film è quella di essere realistico e offrire lo spaccato di un’esistenza che nella sua banalità fa riflettere e costringe a ricreare/immaginare nello spettatore le proiezioni di situazioni e persone che vengono solo nominate e mai mostrate, eppure così forti da essere tangibili.
“Locke” si sviluppa in tempo reale, Tom Hardy intraprende un viaggio di circa un’ora e mezza come la durata del film, la macchina da presa non stacca (quasi) mai dalla sua figura al volante, a spezzare la condizione giungono dissolvenze che inquadrano scorci anonimi di autostrade e macchine nella notte, la bellissima fotografia di Haris Zambarloukos (Thor) e la colonna sonora di Disckon Hinchliffe (Un gelido inverno) rendono il desolante paesaggio notturno quasi bello e invitante. La regia di Steven Knight riesce a non rendere mai noioso un film che sulla carta avrebbe poche speranze, il merito resta in gran parte della sceneggiatura dello stesso Knight, abile a creare un concentrato di dramma e dialoghi intensi che difficilmente possono lasciare indifferenti.
Con “Locke” lo spettatore diventa esperto di colate di calcestruzzo per fondamenta, freme per donne incinta sconosciute e si dispiace per una famigliola in attesa di vedere la partita clou del campionato. La tensione cresce sino a un finale che comunque non ha nessuna sorpresa clamorosa, semplicemente perché ci siamo intromessi per un’ora e mezza nello scorrere della vita di Locke, un uomo semplice con dei sentimenti che non vuole sentirsi speciale. Non si può non ravvisare il product placement della Bmw per la macchina utilizzata dal protagonista, davvero efficiente e con un sistema di chiamate infallibile. Bello.
Tit. Originale: Locke
Paese: Inghilterra
Rating: 7/10