Aggiornato il Novembre 5, 2009 da Il Guru dei Film
Nel nuovo film di Michael Mann, un grande Johnny Depp interpreta John Dillinger, uno dei più famosi rapinatori di banca della storia. Christian Bale è la sua nemesi, Melvin Purvis, poliziotto alla dipendenze di Edgar Hoover, fondatore dell’FBI.
Già più d’uno ha scritto che per il John Dillinger di Public Enemies Johnny Depp potrebbe vincere finalmente l’Oscar. Prima di qualunque considerazione su questo bel film di Michael Mann sulla vicenda di uno dei più celebri gangster, per la precisione rapinatore di banche, della storia, vale la pena ricordare che Johnny Depp è uno degli attori più importanti e carismatici degli ultimi anni, una personalità fuori dagli schemi e dal passato pieno di eccessi e di rock’n’roll che lo porta a scegliere sempre ruoli interessanti, pieni di luci e ombre, di risvolti misteriosi. La magica alchimia che lo lega a Tim Burton ha regalato, e, speriamo continuerà a regalare, al cinema film e personaggi indimenticabili. Persino in Jack Sparrow, l’eroe della saga dei Pirati dei Caraibi, grazie al quale è diventato una delle star più amate e pagate del pianeta ed è entrato in pianta stabile nell’immaginario dei bambini, ha saputo trovare accenti imprevedibili, mettendo insieme una figura da parco giochi con Keith Richards, il Rolling Stones icona degli sconvoltoni, con una tale precisione che nell’ultimo film è stato ritagliato un cameo per Richards nel ruolo del papà di Sparrow.
Ovviamente anche in Public Enemies la sua prova è magistrale, perfettamente funzionale al clima e allo stile del film. Non a caso si parla di Oscar.
Per capire meglio questa ultima fatica di Michael Mann, è necessario fare un riferimento alla tradizione gloriosa dei gangster movie, dove, pensate per esempio a James Cagney o Edward G. Robinson, i criminali erano affascinanti e pieni di stile e spesso venivano idealizzati. Dalle testimonianze degli stessi interessati, i gangster veri si ispiravano a quelli del grande schermo, per il look e perfino per il modo di parlare. John Dillinger è stato idealizzato, dipinto come una sorta di Robin Hood. Era bello, odiava le istituzioni, rapinava le banche e amava il cinema. Non per niente fu ucciso a sangue freddo a Chicago, nel 1934, proprio all’uscita di un cinema dove era andato a vedere un fim con Clark Gable che faceva il bandito. A contribuire al mito la caccia spietata che l’allora nascente FBI di Edgar Hoover gli scatenò contro per mano di Melvin Purvis, la sua nemesi.
Maniaco dei dettagli, Mann ha scelto la strada della semplicità raccontando la storia così com’è, togliendo ogni alone di leggenda e puntando allo stesso tempo alla perfezione della ricostruzione storica.
Dillinger è un duro, cresciuto nella povertà e spesso in istituti penali, che evade dal carcere usando una pistola di sapone e ama rapinare le banche, così come ama il denaro. Elegante, carismatico, Dillinger vive la sua vita in fuga ben consapevole che il più prevedibile destino che spetta al pericolo pubblico numero uno è morire giovane. Quando lo freddano in mezzo alla strada ha poco più di trent’anni.
Anche nel rapporto con la sua compagna, Billie Frechette (Marion Cotillard) c’è poco di leggendario: quando la incontra le dice: "ho un debole per il baseball, i film, i bei vestiti, le macchine veloci, il whisky e te". Da quel momento lei è sua per sempre.
Melvin Purvis è un uomo duro, deciso, che ha voglia di fare bella figura con Hoover (un ottimo Billy Cudrup) e sa fare tesoro delle sconfitte che subisce durante la caccia a Dillinger. Purvis è Chistian Bale, una scelta perfetta.
Mann, che sul piano tecnico è uno dei registi migliori in circolazione, confeziona, con l’aiuto decisivo della fotografia di Dante Spinotti, un film di grande impatto, che racconta i gangster e i loro nemici fuori dalla leggenda, con un’atmosfera che richiama il polar francese e l’ennesima prova d’applausi di Johnny Depp.
Paolo Biamonte