Aggiornato il Febbraio 11, 2014 da Il Guru dei Film
Il remake del futuristico film anni 80 di Paul Verhoeven.
2029, La multinazionale Omnicorp è leader mondiale nel campo della robotica, gli Stati Uniti d’America hanno allargato il controllo grazie a nuove prodigiose macchine di combattimento sul suolo urbano di mezzo mondo. I robot sono però malvisti in patria dove divampa uno scontro politico sul loro utilizzo, il presidente della Omnicorp ha un asso nella manica, la creazione di un robot con innesti umani in grado di aprire una nuova era per la robotica e non solo.
Il remake di “Robocop” è un’ulteriore prova di come Hollywood, prima di essere la fucina di stanchi rifacimenti, sia una macchina usa e getta di giovani promettenti registi, l’ultima vittima è il brasiliano José Padilha, che se vogliamo proprio giovane non è (classe 1967) ma dal punto di vista professionale/artistico si, visto che con soli due (signori) film all’attivo, i duri e puri “Tropa de Elite 1 e 2”, è riuscito a emergere dalle parti di Rio de Janeiro. Il nuovo Robocop firmato Padilha è una delusione, un film inconcludente che vuole essere tutto e alla fine non è niente, troppe direzioni sono suggerite (politiche, umanistiche, fantascientifiche, ecc.) e nessuna di queste viene approfondita. A incombere il film originale di Verhoeven del 1987, un’opera di un’altra categoria per chiunque, quindi è (era) meglio lasciarlo da parte, troppo superiore e ingombrante, talmente radicato nell’immaginario che intraprendere la strada del remake (con intenti da reboot) è stato un vero azzardo. Almeno ci hanno provato, era inevitabile visto il trend dei remake, per Verhoeven si parla adesso di un rifacimento di “Starship Troopers”, auguri.
Con grossa probabilità Padilha ha potuto poco nei confronti degli Studios MGM: togli questa scena d’azione, aggiungi altri dialoghi, non mostrare troppa violenza, e via dicendo. Non si spiega altrimenti tutto questo potenziale trattenuto, un senso anestetizzante generale che ha nella mancata esibizione della violenza l’aspetto più eclatante. Il film è un PG-13, poco male, tanti film con divieti per minori hanno fatto la loro bella figura, la mancanza di sangue in “Robocop” però è l’ultimo dei problemi (inutile forse dire che il film del 1987 era una R-Rated), non vi è mai la tensione giusta o di pericolo, in realtà non vi è mai una vera occasione per dare dimostrazione di scene dure e profonde. Imbarazzante. Uno si aspetterebbe quindi una contropartita, magari una dose massiccia di azione, invece niente, una roba da rimanere sconcertanti. La presentazione del film poi è tutto un programma, c’è Samuel L. Jackson in una sorta di grottesca caricatura degli anchorman americani, si ha la brutta sensazione di assistere a un intento sarcastico, un po’ come nello stile di Verhoeven, peccato che il risultato è l’esatto contrario, non fa ridere e nemmeno indigna il continuo blaterare e ti chiedi quando la lunghissima scena avrà fine.
Nel prologo a Teheran (!) briciole di scene movimentate descrivono i nuovi robot, tra cui i familiari bipedi del film originale (con restyling), in dotazione alle forze speciali americane del futuro. La vicenda si sposta a Detroit, che sembra Los Angeles, dove non si nota una criminalità particolare, sorge per la multinazionale Omnicorp la necessità di penetrare il mercato interno della robotica, decidono di utilizzare i resti di un poliziotto caduto da assemblare a un corpo robotico. Nasce quindi il Robocop interpretato da Joel Kinnaman, non male come attore, anche troppo incentrato sulla genesi da laboratorio. Da notare nella scena dell’esplosione che provoca la tragedia, i vetri intatti della casa (!) a due metri di distanza dalla macchina distrutta, un errore imperdonabile per una produzione da 100 (cento!) milioni di $. Si diceva della lunga gestazione dell’agente protagonista Alex Murphy nel divenire un uomo-macchina, scena tragicomica alla “cervello di Donovan” inclusa, che però non riesce mai a commuovere, ci prova con i lucciconi negli occhi, nonostante il coinvolgimento della bella e rotondetta Abbie Cornish nel ruolo di sua moglie (con figlioletto incorporato).
Alla fine del film si contano un paio di sequenze degne di definirsi action, una dentro un fabbricato-poligono abbandonato piuttosto ordinaria e stucchevole, nel finale arriva uno scontro più spettacolare e denso di effetti speciali che quasi fa sobbalzare dopo la calma piatta e dormiente registrata sino a quel punto, ma poi quasi per scusarsi si esaurisce in modo repentino (mah!). A tirare la carretta del film, sorpresa, è Gary Oldman nel ruolo del professore-creatore di Robocop, indaffarato nei suoi laboratori hi-tech, alle prese con il presidente della Omicorp interpretato da un Michael Keaton improbabile e frizzantino come un avventore appena uscito dal Billionaire. La parte migliore è la scena della fuga dal laboratorio, le scenografie e gli effetti speciali accompagnano bene lo sgomento del protagonista, ma è davvero pochino per accontentarsi. In questo film Robocop usa una pistola-taser, inconcepibile. Mazzata finale con Samuel Jackson che non riesci a scrollartelo di dosso. Da dimenticare.
Tit. Originale: Robocop
Paese: USA
Rating: 4/10